La Stampa, 8 maggio 2015
Passera: «Una sentenza sbagliata ma ora bisogna rimborsare tutti»
Corrado Passera, come giudica la sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni?
«Una decisione ovviamente da rispettare, e che il governo non può ignorare. Ma a mio avviso gravemente sbagliata. E che crea un pericoloso precedente».
Cosa intende?
«Così come è stata scritta può dare spazio a qualunque rivendicazione. Mi chiedo: è incostituzionale chiedere un contributo, seppur contenuto, in un momento nel quale il Paese stava andando in default? Allora potrebbe essere incostituzionale anche il blocco degli stipendi pubblici, non crede? È una sentenza irragionevole, perché hanno ignorato il contesto in cui quella decisione fu presa».
La Corte argomenta che il vostro governo chiese un contributo a persone che percepiscono assegni molto bassi, attorno ai 1400 euro di oggi.
«Io ho il massimo rispetto per le persone a cui chiedemmo quel sacrificio, figuriamoci. Ma con quella misura evitammo conseguenze ben peggiori. Mi chiedo come sia possibile dire che in quel momento chiedere il blocco biennale dell’aumento per via dell’inflazione – stiamo parlando dell’1% circa non di un taglio agli assegni – fosse troppo. Una misura votata da più dell’ottanta per cento del Parlamento, e con il contributo di responsabilità dei sindacati. Un sacrificio dal quale riuscimmo comunque ad escludere gli assegni sotto i 1400 euro. Dov’è la certezza del diritto? Dov’erano i signori giudici in quell’autunno da paura nel quale evitammo di perdere la sovranità nazionale?»
Se fosse al posto di Renzi come si comporterebbe ora?
«La sentenza va applicata. Ma in nome di questo, il governo non può chiedere nuovi sacrifici agli italiani. Poiché per l’arretrato si tratta di un evento straordinario, va coperto con entrate straordinarie: per restituire le somme maturate nel 2013-14 si potrebbe destinare la privatizzazione di immobili o aziende pubbliche. Per il futuro, poiché si tratta di una spesa strutturale, va finanziata con riduzioni permanenti di spesa. L’importante è che il prezzo non si scarichi su Regioni e Comuni, con nuove tasse o riduzioni di servizi ai cittadini».
Dunque lei è contrario a chiedere un sacrificio alle pensioni più alte, o a quell’88% di pensionati che ricevono ancora un assegno con il sistema retributivo?
«È opinione comune, l’ha scritto anche il governo, che il sistema previdenziale italiano è sostenibile. Rimetterci mano per l’ennesima volta sarebbe un grave errore. Primo, perché alla classe media sono già stati chiesti moltissimi sacrifici. Secondo, in un momento in cui l’economia sta faticosamente tentando di ripartire, il solo accennare ad una nuova riforma delle pensioni sarebbe micidiale e porterebbe milioni di italiani a ridurre ulteriormente consumi e investimenti».
Con questa sentenza sarà difficile per il governo rispettare il limite europeo del tre per cento. Lei crede che il governo possa, a questo punto, chiedere una deroga? Lei la chiederebbe?
«A fronte di un vero piano di sviluppo e di riforme non ho mai avuto dubbi sul fatto che si potrebbe chiedere all’Europa quello che hanno avuto altri. Altra cosa è – come fa questo governo – continuare a reclamare flessibilità senza aver realizzato riforme innovative».