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 2015  maggio 08 Venerdì calendario

Il pensionato d’oro ha un solo privilegio quello di essere appartenuto all’ultima generazione che può ancora esigere un trattamento onorevole. E questa non può essere una colpa

Trovo ingiusto additare come privilegiati coloro che percepiscono una pensione da tremila euro lordi al mese. Ingiusto e emblematico del clima di invidia sociale che si respira in giro. Pensionati d’oro, li hanno chiamati. Ora, è comprensibile che tremila euro (lordi) sembrino molti a chi percepisce certi stipendi di latta, oggi assai in voga tra chi ha meno di quarant’anni e deve già ringraziare di stringere tra le mani un lavoro. Ma proviamo a metterci nei panni di un settantenne ex lavoratore dipendente (il bersaglio perfetto delle spremiture fiscali), che per tutta la vita ha accantonato una parte della retribuzione con l’idea di poterne godere negli anni del meritato riposo. Un lavoratore onesto, magari con dei figli ancora a carico, ai quali di solito la pensione del genitore finisce per essere girata quasi per intero. Perché dovrebbe essere considerato un parassita? Perché dovrebbe sentirsi in colpa e vergognarsi di pretendere ciò che gli spetta? Ha stipulato un patto con lo Stato. E ora che lo Stato lo vanifica, minacciando di restituirgli meno del dovuto, gli si toglie persino il diritto di lamentarsi, in nome di un generico appello alla solidarietà verso i più poveri che viene disatteso ogni giorno dai privilegiati veri.
Se il «pensionato d’oro» da tremila lordi al mese ha un privilegio (di cui però non ha alcuna colpa) è di appartenere all’ultima generazione che può ancora esigere un trattamento onorevole, perché finanziato dagli stipendi dei cinquantenni. Ma questo è un discorso troppo triste e lo faremo un’altra volta.