Il Messaggero, 8 maggio 2015
«Lubitz ebbe paura di morire». 93 secondi prima della strage tentò di cambiare rotta ma la sua manovra non fu abbastanza forte da disattivare il pilota automatico
Ha avuto paura di morire e ha provato a cambiare la rotta, ma ormai era troppo tardi. La nuova ipotesi sui pensieri che hanno attraversato la mente di Andreas Lubitz, prima di distruggere un aereo con 149 persone a bordo, spunta da un dettaglio contenuto nella scatola nera ritrovata fra i rottami dell’Airbus. Pochi istanti prima dell’impatto con la montagna, il copilota di Germanwings che era decollato da Barcellona alla volta di Duesseldorf, il 24 marzo scorso, ha tentato una manovra manuale, fallita. Era una risalita? Non si saprà mai.
Quel ragazzo ambizioso, che nessuno avrebbe ritenuto in grado di pianificare il disastro dei cieli che ha fatto piangere l’Europa, potrebbe insomma essere stato colto dal panico, quando si è visto di fronte alla parete di roccia. E se fosse riuscito in quel tentativo estremo, avrebbe ancora potuto salvare se stesso e tutti gli altri. Come noto, Lubitz aveva impostato il pilota automatico per fare scendere di quota l’aereo, ma 93 secondi prima dell’impatto – ha scritto oggi la Bild tirando fuori nuove informazioni dai protocolli del Bea – ha provato a manovrare manualmente l’aereo, senza riuscire a disattivare il pilota automatico. È lo stesso rapporto dal quale è emerso che il giovane avesse testato la manovra suicida già sul volo di andata, fra Duesseldorf e Barcellona, per poi correggere il tiro prima del rientro del comandante in cabina, che anche su quella tratta si era brevemente assentato. «Fra le 10.39.33 e la 10.40.07 sono stati registrati movimenti manuali alla leva di comando di piccola ampiezza dal lato del copilota», si legge nel rapporto. «Un minuto e 33 secondi prima dell’impatto, la scatola nera ha registrato una manovra di 30 secondi alla leva destra del comando, che non è stata abbastanza forte da disattivare il pilota automatico». Ecco il nuovo elemento della dinamica degli eventi, che logorerà chi da settimane si esercita nel tentativo di capire il percorso mentale dell’Amokpilot – il neologismo usato in Germania per definire il serial killer pilota – che rimasto solo alla guida dell’Airbus si è chiuso nel cockpit lasciando il comandante fuori a urlare, nell’inutile tentativo di sfondare la porta. Il direttore del Bea Remi Jouty, però, non crede alla teoria del ripensamento dell’ultimo minuto: «Questi dati dimostrano che il copilota era in grado di agire e che tutte le sue manovre avevano lo stesso senso. E cioè far precipitare l’aereo». Il rapporto aggiunge che il 9 aprile e il 14 luglio del 2009 il centro medico Lufthansa gli aveva negato l’idoneità di volo per depressione. Due settimane dopo, Lubitz ottenne infine la proroga del documento che lo abilitava a volare per un anno, con il famoso Sic (specific medical examinatios) che indicava la necessità di controlli periodici. Il 28 luglio scorso, infine, i medici che lo avevano visitato non avevano riscontrato patologie.