Corriere della Sera, 8 maggio 2015
Nibali e i consigli all’aspirante stregone Aru: «Per battere Contador devi spiazzarlo, Uran è fortissimo al cronometro ma tu hai qualcosa in più in salita. Se starai bene e saprai tenere lontana la pressione mediatica, hai la capacità di diventare un vero numero uno».
Sanremo Prima di salire al Teide, e da lassù imboccare la volatona verso la difesa del Tour de France, qualche istruzione per l’uso. Vincenzo Nibali, re del Giro 2013, spiega all’aspirante stregone, Fabio Aru, come maneggiare questa cosa incandescente che parte domani in Liguria da San Lorenzo al Mare con una cronometro a squadre e quattro favoriti (Contador, Uran, Porte, Aru), più mille incognite dietro ogni curva.
Nibali, da spettatore che Giro d’Italia si aspetta?
«Una corsa nervosa, piena di sorprese. Mai abbassare la guardia, mai distrarsi. Per vincerla serviranno condizione e fortuna».
Ha regalato ad Aru, suo compagno all’Astana, un amuleto efficace?
«Fabio sta crescendo in fretta, e bene. L’anno scorso, con il terzo posto, ha preso consapevolezza dei suoi mezzi. Parte motivato e con più esperienza. Si migliorerà, vedrete».
Come si batte Alberto Contador?
«Devi improvvisare, spiazzarlo, sorprenderlo. Cercare di capire quando non è in giornata per attaccare. Sempre in campana, però: Alberto è pericolosissimo».
Come si batte Rigoberto Uran?
«È fortissimo a cronometro ma Aru ha qualcosa di più di lui in salita. È più facile da domare rispetto a Contador, secondo me».
Dove si deciderà il Giro 2015?
«La mia esperienza nei grandi giri mi porta a dire che nessuna tappa sarà scontata né banale. Ricorda lo Stelvio con la neve l’anno scorso? A proposito, se la corsa viene fermata mai sfilarsi: rimanere sempre lì, davanti con la squadra, in controllo totale della situazione».
Che gregario è stato per lei Aru?
«Corse con me un Giro senza pretese: era giovanissimo, sapeva di avere tutto il tempo di crescere con tranquillità. Non aveva richieste particolari né dall’Astana né da me. Ebbe mal di pancia, poi si riprese. Me lo ritrovai in salita in gran condizione e fu di grande aiuto per la vittoria finale».
Che tipo è di persona?
«Un ragazzo tranquillo e alla mano. Molto introverso: parla pochissimo. Quando ha qualche dubbio, rimugina a lungo. È profondamente sardo e nel ciclismo il carattere è fondamentale: la sua testardaggine, unita all’orgoglio, gli dà una marcia in più. Un tipo molto in gamba, insomma».
Premerà per averlo al via al Tour?
«Mi farebbe piacere che Fabio ci fosse. Se l’Astana mi chiederà un parere, non mi tirerò indietro. Molto dipenderà da come uscirà dal Giro: se stanco o motivato, se vuoto o con ancora qualcosa nelle gambe, se vincitore o no. Non siamo macchine, la stagione è lunga: alla fine la scelta sarà solo sua. Secondo me, però, correre nello stesso anno Giro e Tour gli potrebbe fare un gran bene».
È vero che quando uscite in mountain bike Aru le dà filo da torcere?
«Ma lui ha più esperienza di me! Ha corso in mountain bike nelle categorie giovanili, io la uso solo per piacere».
Si dice che faccia salti pazzeschi.
«Diciamo che insieme siamo abbastanza pazzi. Ci divertiamo, dai…».
Al di là dei favoriti d’obbligo, chi potrebbe essere la sorpresa del Giro?
«Io dico Diego Rosa dell’Astana. È giovane, molto promettente. Farà grandi cose, a patto di aspettarlo senza mettergli troppa fretta».
I suoi Giri, Nibali.
«2007: la mia prima presenza in una grande corsa a tappe, un ricordo indelebile; 2008: la partenza da Palermo, nella mia amata Sicilia; 2010: la prima maglia rosa, che poi persi per una caduta piazzandomi terzo sul podio; 2011: il secondo posto; 2013: il trionfo. Mica male, no?».
Tutt’altro. Pesa di più sulle spalle una maglia rosa o una gialla?
«Da italiano dico quella rosa, soprattutto a livello di testa, perché senti il peso di tutto il Paese. Il Giro, per noi, è troppo importante: è il cuore di un’intera stagione. Aru lo sta preparando da ottobre. Ma alla fine quando corri sei così concentrato che non ci pensi più: rosa, gialla o rossa, va bene tutto!».
Ti cambia di più la vita vincere un Giro o un Tour?
«In Italia un Giro, sul piano internazionale un Tour de France: ha più risonanza mediatica nel mondo. Oggi lo posso dire: Vuelta compresa, non mi sono fatto mancare nulla».
Vedrà questo Giro d’Italia? Dove?
«Alla televisione, dalle Canarie. Sarò sul Teide, con il mio allenatore Slongo, a preparare al meglio il Tour. Ecco perché non sono al Giro. Non voglio distrarmi troppo: tutta la mia concentrazione è sulla difesa della bellissima vittoria dell’anno scorso. In Francia voglio ripetermi».
Manderà qualche sms a Aru, strada facendo?
«So bene quanto poco tempo libero si ha durante una grande corsa a tappe. Prima di crollare addormentato hai giusto le forze di sentire la famiglia dopo cena. Magari gli manderò qualche messaggio tramite Martinelli, il nostro direttore sportivo».
Dopo Vincenzo Nibali possiamo credere in Fabio Aru, insomma?
«Gli auguro di correre come sa, con determinazione e tranquillità. Se starà bene e saprà tenere lontana la pressione mediatica, Fabio ha la capacità di diventare un vero numero uno».