la Repubblica, 8 maggio 2015
Pensioni, i giudici della Consulta erano sei contro sei, a bocciare la norma del decreto Monti è stato il voto del presidente Alessandro Criscuolo. Tra «iniziative necessarie» e «forme costituzionali», ecco come la Corte ha preso la decisione che ha stravolto i conti pubblici
Non capita tutti i giorni, alla Consulta, che una votazione in camera di consiglio finisca in parità. Sei contro sei, com’è successo nell’ormai famosa decisione sulle pensioni. Né tantomeno è frequente che, a far vincere un fronte sull’altro, sia il voto determinante del presidente, nel nostro caso quello di Alessandro Criscuolo, toga di Unicost, nella sua storia la presidenza dell’Anm, quattro anni al Csm, ruoli di prestigio in Cassazione, e pure la difesa di De Magistris davanti al Consiglio. In una seduta che resterà alla storia della Corte costituzionale – 12 giudici presenti, malato Giorgio Lattanzi, non ancora nominati dal Parlamento gli altri due – Criscuolo ha fatto la differenza. In condizioni di parità, il voto del presidente vale doppio. Con lui hanno vinto la giuslavorista Silvana Sciarra, che ha poi scritto la sentenza, Paolo Maria Napolitano, Giuseppe Frigo, Dario Morelli, Aldo Carosi. Sul fronte opposto ecco l’ex premier Giuliano Amato, Marta Cartabia, Daria De Pretis, Nicolò Zanon e Paolo Grossi.
Attenzione sia ai nomi che alla data della decisione, il 10 marzo, il giorno dell’udienza pubblica di mattina e del drammatico confronto nel pomeriggio, mentre la sentenza scritta esce il 30 aprile. Ben 50 giorni di inspiegabile e sorprendente black out, perché dalla Corte non è uscita la benché minima indiscrezione, nonostante la decisione fosse esplosiva per le sue conseguenza sui conti dello Stato. Eppure nessuno ha svelato né lo scontro, né tantomeno la sentenza a sorpresa. I nomi: i due fronti non rappresentano una destra e una sinistra, sono bipartisan, colpisce ovviamente che tra chi si è battuto per evitare la bocciatura della legge Monti ci sia Amato. Ma con lui c’è Zanon, mandato al Csm dal Pdl. La Cartabia, allieva prediletta di Onida. De Pretis, moglie del direttore dell’Olaf ed ex deputato Pd Gianni Kessler. Grossi, che fu scelto da Napolitano, e Coraggio che arriva dal Consiglio di Stato. Ugualmente, nel gruppo che vince, ecco Sciarra, indicata dal Pd, con Frigo mandato in Corte dal Pdl come Napolitano. Una toga contabile come Carosi e un magistrato come Morelli.
Adesso che la sentenza è esplosa politicamente, alla Consulta il nervosismo è palpabile. Criscuolo reagisce male ai titoli dei giornali che mettono la Corte contro il governo per via di una fonte della Corte medesima che dice l’ovvio, sentenza autoapplicativa, non serve un ricorso. Parte una nota ufficiale per dire che la sentenza si applica subito, che gli interessati adottano «le iniziative necessarie», ma soprattutto che «gli organi politici, ove lo ritengano, possono adottare i provvedimenti del caso nelle forme costituzionali». Si badi a quel «forme costituzionali». La sentenza va rispettata, non può essere ignorata. Inevitabilmente si torna a quel drammatico pomeriggio, ci si interroga ancora sulla clamorosa spaccatura, e ci si arrovella su tre questioni. Che sono poi l’oggetto stesso dello scontro tra chi voleva dichiarare il quesito inammissibile (il gruppo Amato) e chi l’ha sostenuto (Sciarra). Innanzitutto, poteva e può la Corte bocciare una legge in un terreno, come il quantum del blocco delle pensioni, che è proprio della politica? Oppure la Consulta doveva schierarsi per l’inammissibilità riconoscendo la piena discrezionalità della politica? Seconda questione, il raffronto tra questa sentenza e quella sulla Robin tax, la tassa sui petrolieri, decisa appena due mesi prima e con un esito del tutto diverso. Perché lì la tassa è stata abolita, ma a valere solo per il futuro, senza effetti retroattivi, con un richiamo all’articolo 81 della Costituzione che fissa il principio del pareggio di bilancio. Terza questione, quella che fa dire al fronte Amato «non ci diamo pace», l’ammontare dei rimborsi. La stima di 19 miliardi della Ragioneria provoca un brivido tra chi, invece, durante la famosa camera di consiglio, pensava che si arrivasse a malapena a un paio di miliardi.
E ora che succede? Anche su questo la Corte si interroga. Una legge per rimborsi sì, ma non a tutti. Quindi nuovi ricorsi inevitabili. Si muoveranno tribunali e Corte dei conti com’è accaduto per la sentenza Sciarra. Il pronostico? Se va bene se ne parlerà tra un anno, forse più. Verrà contestato anche l’aver violato un giudicato costituzionale. Come andrà? Chi può dirlo? Se adesso è finita sei a sei, magari la prossima volta potrebbe spuntarla chi adesso ha perduto.