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 2015  maggio 06 Mercoledì calendario

Adesso che l’Italicum è legge, come si porrà il centrodestra di fronte a un sistema che prevede che due sole liste, e non due coalizioni, alla fine entrino in gioco per la guida del Paese?

Adesso che l’Italicum è legge, il problema non è solo sapere quali connotati avrà il Pd di qui alle prossime elezioni – centrosinistra «classico» o «partito della nazione» più spostato al centro, per la fuoruscita della minoranza bersaniana -, ma anche come si porrà il centrodestra di fronte a un sistema che prevede che due sole liste, e non due coalizioni, alla fine entrino in gioco per la guida del Paese.
Dentro Ncd si riflette, non tutti allo stesso modo, dato che c’è un’ala più marcatamente orfana del centrodestra com’era (Lupi e Di Girolamo) e una più realisticamente filogovernativa (Alfano e Quagliariello), sull’eventualità di una ricomposizione dei vari tronconi post-berlusconiani. Le elezioni regionali dovrebbero segnare l’eclissi finale della parabola berlusconiana. Per quanto l’ex Cavaliere continui a dire che subito dopo si dedicherà alla rifondazione del suo partito, sembra difficile che possa ambire a riassumere il ruolo di federatore del fronte che per tre volte aveva portato a vincere. La confusione che regna nei vari settori del centrodestra è in qualche modo logica, visto lo stato dell’arte. Ma allo stesso tempo sarebbe destinata a dissolversi nel momento in cui le elezioni, nel 2017 o nel 2018, dovessero approssimarsi. E almeno sei mesi prima della scadenza, Alfano e i suoi prenderebbero le distanze da Renzi, un po’ come fece Berlusconi nella parte finale della legislatura precedente, quando decise di staccarsi da Monti.
Restano però due problemi da affrontare. Primo: ammesso e non concesso che Berlusconi decida di farsi da parte, accettando il ruolo di padre nobile distaccato dalla lotta quotidiana, chi sarebbe il candidato premier di un centrodestra rinnovato? E nel caso, ancora tutto da vedere, in cui i leader delle varie componenti dovessero decidere di far ricorso alle primarie, chi garantirebbe che il vincitore della competizione sarebbe accettato da tutti come l’uomo (o la donna) da proporre per la guida del governo?
Il secondo problema si chiama Salvini. Il segretario della Lega, alle prossime regionali, è difficile che vada male. Anzi, se vince in Veneto con Zaia, si proclamerà vincitore anche se Renzi dovesse prevalere nelle altre sei regioni. Così, se è difficile che Salvini accetti di ragionare su una lista unica del centrodestra, è altrettanto improbabile che gli altri interlocutori dello stesso schieramento si sottomettano a lui, anche se la Lega rischia di essere il partito più votato di quel campo.
Inoltre non va trascurato un terzo aspetto: Renzi non farà nulla per favorire, ed anzi cercherà di ostacolare, la rinascita del centrodestra. A un eventuale ballottaggio, infatti, al premier conviene molto di più misurarsi con Grillo.