La Stampa, 4 maggio 2015
L’apparecchio mobile e le dentiere d’antan. Quell’arco che connette la vecchiaia all’età infantile. Avanziamo retrocedendo?
Francesca si è tolta l’apparecchio per i denti. L’ha messo dentro un bicchiere colmo d’acqua e adesso è sul tavolo. Sono due pezzi di materiale plastico, colorati, attraversati da sbarre orizzontali di sottile metallo. Si mettono e tolgono con grande facilità. Francesca lo tiene di notte; il suo è un apparecchio mobile, serve per la correzione delle malocclusioni e le dismorfosi dento-facciali. Strumento ortopedico, appartiene alla ortodonzia, la parte della dentistica nata all’inizio dell’Ottocento che si occupa di allineare i denti al fine di ottenere una corretta masticazione; ha anche uno scopo estetico. Agisce sulla crescita e lo sviluppo delle arcate e delle ossa mascellari.
Francesca ha otto anni ed è venuto il momento di sistemare i denti che erano spuntati storti dopo la caduta dei denti da latte, e non trovano spazio per scendere. Il suo è un apparecchio che i tecnici definiscono a mascherina, non inibisce il sorriso sebbene condizioni la pronuncia delle parole. Il dentista le ha detto di toglierselo quando a scuola è interrogata. Ma Francesca lo porta sempre. Un occhio gettato nel web mi ha convinto che si tratta di un ramo molto sviluppato della dentistica. Ho contato otto apparecchi sia fissi che mobili, che servono per l’espansione del palato: vite di espansione, bionator, quad helix, Pendulum, apparecchio di Herbst, holding arch, tongue crib, coil springs, miniscrew. Nella classe di Francesca ci sono altri quattro bambini che lo portano, in attesa di installare quello fisso, esteticamente meno bello. Hermann Steobel, uno psicoanalista junghiano qualche anno fa ha sostenuto che i denti sono dei fondamentali centri vitali degli individui e che le loro patologie sono lo specchio dei disagi psichici delle persone (Psicoanalisi del mal di denti, Bollati Boringhieri).
Nella sua interpretazione l’arcata sarebbe la nostra «soglia» tra il dentro e il fuori, tra ciò che è attivo e ciò che è passivo. Stroebel prima di diventare psicoanalista è stato dentista e la sua casistica è davvero interessante. Mentre guardo l’apparecchio di Francesca dentro il bicchiere, non posso fare a meno di pensare alla dentiera dei nonni, che si toglieva alla sera, prima di dormire e si metteva anch’essa in un bicchiere, più grande di questo; quindi s’introduceva nell’acqua una pastiglia che serviva a ripulire l’apparecchio per rindossarlo al mattino. Non posso fare a meno di pensare all’arco che ora connette la vecchiaia all’età infantile. Avanziamo retrocedendo?