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 2015  maggio 04 Lunedì calendario

L’Albo d’oro delle maglie nere, quel talento naturale per l’ultimità. Anche perché ci vuole del temperamento per alzare le braccia al cielo sapendo che nessuno arriverà dopo di te

Gli ultimi saranno gli ultimi, tutt’al più saranno penultimi o terzultimi. Prendete il ciclista olandese Jos van Emden. Ha conquistato la maglia nera del Giro d’Italia nel 2011, piazzandosi al 159° posto, ma prima e dopo ha mantenuto le promesse (e le premesse), riuscendo a non risalire mai oltre la posizione 107. L’anno scorso, un altro olandese: Jeste Bol, 156°. Solo tra il 1946 e il ’51 fu riconosciuto un premio in denaro al talento naturale per l’ultimità, ben sapendo che per arrivare ultimi servono strategia, ostinazione, tenuta fisica e nervosa. Narra la leggenda che il toscano Aldo Bini nel 1948 continuò a pedalare per diverse tappe con un braccio fratturato pur di entrare nell’Albo d’Oro delle maglie nere. Dove il suo nome è iscritto a futura memoria con pochi altri. Poi la maglia nera rimase un simbolo non venale. Comunque ambitissimo. Con i simboli non si scherza. «Last but not least», direbbe Shakespeare. Ricordo, nel 1980, l’esultanza tra amici davanti alla tv, quando Giuliano Cazzolato, in extremis, a Milano, riuscì a strappare la maglia nera al temibilissimo tedesco Heinz Betz. Il cognome contribuiva a renderlo simpatico. Dicono le cronache che sul traguardo siciliano di Ficarazzi i ciclisti si siano accordati per far vincere Cazzolato, soddisfacendo il gusto goliardico della combinazione verbale oscena. I ciclisti sanno bene che anche il fanalino di coda ha la sua utilità. In un mondo in cui arrivare secondi è più una sconfitta che una vittoria, ci vuole del temperamento per alzare le braccia al cielo sapendo che nessuno arriverà dopo di te: i tempi sono maturi perché ritorni quel premio glorioso. Dopotutto, ci vuole del talento per creare il vuoto tra sé e il nulla.