Corriere della Sera, 4 maggio 2015
Il genio della scrittura non dipende dall’anagrafe. I giovani talenti e i grandi vecchi, come Goethe che scrisse gli ultimi versi del suo Faust a ottantatré anni
C’ è una vasta tendenza da parte degli editori a ricercare scrittrici e scrittori sempre più giovani e se è possibile prestanti, adatti ai mezzi di comunicazione di massa e all’idolatria, spesso di breve durata, dei possibili lettori o spettatori.
Il genio degli scrittori, ma diciamo degli artisti in generale, molto spesso si esprime in giovane età, a volte già durante l’infanzia. È sempre stato così ed è così anche ora. La nostra civiltà favorisce questa tendenza e nello stesso tempo la ostacola enormemente. La facilità e la rapidità della comunicazione generano possibili nuovi genî, ma tendono anche a farli sparire, a trafiggerli più presto che si può. Questo, invece, non è stato sempre così.
Se leggiamo le biografie di celebri scrittori, musicisti, pittori, troviamo molti grandi personaggi che hanno accresciuto la loro fama e la loro capacità creativa molto a lungo, fino alla fine della loro vita. Fino agli ottanta, novanta, anche cento anni. Anche oggi, in Italia ci sono scrittori di quell’età nel pieno vigore della loro attività. C’è l’esempio del grande Gillo Dorfles, di Boris Pahor, triestino scoperto dalla cultura italiana con vergognoso e tendenzioso ritardo (Pahor è sloveno, ma è triestino a tutti gli effet- ti), quello di Raffaele La Capria e di altri ancora. Sì, la novità può essere sia l’estrema giovinezza, sia l’estrema longevità, tutti e due sono adatti a suscitare attenzione e anche affezione.
In realtà nei millenni passati non era raro che i massimi raggiungimenti degli scrittori avvenissero molto tardi. Non contava l’espressione muscolare degli autori, ma quello che riuscivano a esprimere. Eschilo scrisse l’unica trilogia che conosciamo di lui, l’ Orestea, attorno agli ottant’anni, eppure la forza innovativa, l’universalità di questa opera teatrale gli fece vincere le Grandi Dionisie, cioè la gara teatrale più famosa dell’antichità. Quella trilogia è tutt’oggi fonte di ricerche filosofiche, politiche e artistiche.
Goethe, il poeta tedesco più famoso, l’ultimo uomo universale, come lo hanno chiamato, scrisse gli ultimi versi del suo Faust, poema teatrale che fece epoca, pochi giorni prima di morire, a ottantatré anni. Quella ultima scena, che si svolge nelle regioni celesti e che termina con il celebre verso «L’eterno femminile ci porta in avanti», è passata nella cultura mondiale, e l’intero dramma è noto come opera all’altezza della Divina Commedia, e dell’ Odissea. Sessant’anni ha impiegato Goethe per scriverla. Ma nella letteratura tedesca c’è anche l’esempio del romanziere e giornalista Theodor Fontane (di origine francese) che scrisse il suo romanzo più famoso, Effi Briest, oltre gli ottant’anni. È pur vero che quel libro ha un andamento molto pacato, ma questo più per raggiungere una tranquilla profondità, che per mancanza d’energia. Anzi, di energia ce n’è tanta in quel romanzo amato e elogiato da un altro romanziere tedesco longevo, Thomas Mann. Il quale però scrisse il suo libro più ponderoso, I Buddenbrook, a venticinque anni, in Italia, a Palestrina. Ma dopo ha continuato a produrre romanzi e racconti di grande portata, fino alla fine della sua vita.
L’americano Salinger, autore de Il giovane Holden, invece, poco oltre i 45 anni smise di pubblicare narrativa, si ritirò nella sua casa a Cornish occupandosi di scienze occulte e filosofie orientali, fino ai novantun anni, età in cui morì. Pare però che abbia sempre continuato a scrivere, non sappiamo che cosa.
I grandi vecchi d’una volta esistono ancora ma ci vogliono alcuni anni per qualificarli come tali. Mi piacerebbe parlare degli ultimi lieder di Richard Strauss, di Henrik Ibsen a di altri, ma l’argomento, per quanto attuale, è più vasto di quello che sembra. E la vita dell’uomo sta mutando tanto rapidamente da rendere molto difficile il discorso sulle età, sulla giovinezza e sulla vecchiaia. La scienza fa ogni giorno nuove scoperte. Per la prossima generazione il quadro sarà più chiaro. Per noi, ora, per i nostri lettori e editori non lo è.