Corriere della Sera, 29 aprile 2015
Dai Meneghin ai Gallinari, per fare canestro bisogna essere figli d’arte
Nel basket, più che in altri sport, conta il Dna. Come fu ieri, per i Meneghin, Dino padre e Andrea figlio. Come è oggi. Per i Gallinari, il padre Vittorio, e l’aureo figliolo Danilo, superstar dei Denver Nuggets. O nella saga Gentile, con le insegne consegnate da capitan Nando (alias Nandokan) ai suoi ragazzi, Stefano e Alessandro.
Ma, sempre oggi, è anche la storia di Brian Sacchetti, che si batte a Sassari nel nome del padre Meo. Mentre a Reggio Emilia è già cominciata l’avventura di Amedeo (1993), che dal marchese padre, Carlo, ha ereditato gli stivali dalle sette leghe. E sarà anche domani, sempre di padre in figlio. A partire da Davide Moretti (1998, Pistoia) il figlio di Paolino il Caldo, che è anche il suo allenatore, e di Stefano Tonut (1993, Trieste), l’erede di Alberto, che oggi è conteso da Reggio Emilia, Venezia e Sassari. E fin qui son tutti figli di «nazionali». Ma a basket giocavano anche il padre e lo zio di Andrea La Torre ( classe 1997, 202 cm) il goiellino della Stella Azzurra Roma sul cui futuro, superata la concorrenza dei tedeschi del Bamberg di Andrea Trinchieri, c’è già la firma di Armani.
Soprattutto, il Dna ispira anche l’inno ai Fratelli d’Italia. Che nel basket, indubbiamente, riscuotono maggior fortuna di Abele e Caino, i primi e più noti fratelli dell’umanità. Tralasciando la coppia regina, formata dal canturino Stefano (1989) e dal milanese Alessandro (1992), nuovi protagonisti dell’epopea dei Gentile, già abbondantemente seguita e monitorata, oggi dominano la scena i Cinciarini pesaresi e i Vitali bolognesi. Fratelli contro, con ironia. Luca Vitali (1986, Cremona) sfotte il fratellino Michele (1991, Caserta): «Sei proprio una grandissima guardia tiratrice, peccato che non la metti mai da tre punti». E il fratellino prontamente gli risponde: «Sì, sei un gran playmaker, ma con tutti i rimbalzi che prendi non capisco perché non giochi come centro».
Invece tra i Cinciarini è guerra fredda. Andrea (classe 1986, regista di Reggio Emilia), è l’«assist-machine» del campionato: «Quando dobbiamo giocare contro, per tutta la settimana non gli rispondo nemmeno al telefono. Poi non appena si alza la pala a due, gli sussurro: non puoi, non mi puoi battere… Mi soffre». A quel punto Daniele (classe 1983, in forza a Pistoia) gli risponde: «Ti sei dimenticato le sfide al campetto che finivano sempre in rissa? Devi ringraziare solo tuo padre che arrivava sempre a salvare ‘il piccolino’...».