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 2015  aprile 29 Mercoledì calendario

Il terremoto ha spostato Kathmandu di 3 metri ma l’Everest non dovrebbe essere cresciuto. I primi satelliti che potranno fornire misure dettagliate della zona, sorvoleranno l’area di Katmandu solo questa mattina

Katmandu non è più dove si trovava prima del sisma che l’ha distrutta lo scorso 25 aprile. Ora la capitale nepalese, o meglio ciò che ne resta si trova un po’ più a Sud. È infatti di circa tre metri verso meridione lo spostamento stimato della città a seguito della violenta scossa di terremoto di magnitudo 7,8. Le prime stime arrivano da Cambridge dove il gruppo di lavoro coordinato da James Jackson ha elaborato le prime stime dei movimenti determinati dal sisma. «Al momento – spiega Salvatore Stramondo responsabile dell’Unità Osservazione della Terra dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) – non è possibile conoscere con esattezza le dimensioni di questo spostamento. I colleghi dell’università di Cambridge, coi i quali stiamo in stretto collegamento, seguono da anni le dinamiche sismiche di quella zona, per cui riescono a elaborare dei calcoli che però non sono suffragati ancora da misurazioni satellitari».
I primi satelliti che potranno fornire misure dettagliate della zona, sorvoleranno l’area di Katmandu solo questa mattina. Si tratta di satelliti speciali che per poter misurare un’area così ampia di territorio, vasta migliaia di chilometri quadrati, devono essere dotati di particolari strumenti di osservazione. «Serve poter monitorare – spiega Stramondo – aree molto vaste. Lo spostamento infatti non interessa solo l’area di Katmandu, ma l’intera zona vasta qualche migliaio di chilometri quadrati».
LE MISURAZIONI
Anche se può sembrare impressionante uno spostamento laterale di 3 metri, si tratta di un fenomeno che a scala diversa, a seconda dell’intensità del sisma che lo provoca, interessa tutti i luoghi colpiti da un evento. «Anche a L’Aquila o in Emilia – spiega Alessandro Amato, sismologo dell’Ingv – abbiamo registrato degli spostamenti. In questi casi però con terremoti di magnitudine molto inferiore, circa 6 Richter, si tratta di spostamenti molto meno significativi dell’ordine di poche decine di centimetri». Si è parlato di circa 30 centimetri per l’Emilia e poco più, 40, per l’Aquila. «In terremoti molto più forti come quelli del Giappone (magnitudine 8,9) e dell’Indonesia (magnitudine 9,3) lo spostamento è stato di parecchie decine di metri». Addirittura in questi casi è tutto il Pianeta a risentire degli effetti della scossa, non solo sulla sua superficie, ma anche nel movimento di rotazione. Dopo il terremoto del Giappone infatti si registrò uno spostamento dell’Asse Terrestre pari a circa dieci centimetri. Ancora più impressionanti i dati rilevati a seguito del terremoto che, nel 2004 colpì l’Indonesia con magnitudine stimata intorno ai 9,3. In quel caso la placca continentale indiana si infilò sotto quella birmana causando il sollevamento della crosta terrestre di circa dieci metri per una lunghezza di circa 1.200 chilometri. Fu proprio questo sollevamento del fondale marino a innescare le onde dello Tsunami che devastò le coste dell’Oceano Indiano causando oltre 280.000 morti.
Al momento non si sono registrati effetti sulle montagne della catena himalayana che sovrastano la faglia che ha generato il terremoto. In particolare l’Everest pare che non abbia subito alcun mutamento.
L’HIMALAYA
«La catena himalayana – spiega Amato – si è creata proprio a seguito dello scontro tra la placca indiana e quella asiatica. Lo stesso meccanismo che ha innescato il terremoto in Nepal. Per ora, non abbiamo notizie, anche perché in questo caso ci troviamo di fronte a cambiamenti meno importanti, dell’ordine di qualche decimetro, ma non è escluso, che con nuove misurazioni, qualche sorpresa possa arrivare. Magari non dall’Everest che è relativamente lontano dall’epecintro, ma da altre montagne più vicine».