Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  aprile 28 Martedì calendario

Google, La Stampa e altre sette testate europee si uniscono in nome dell’innovazione dell’informazione. Insieme svilupperanno nuovi mezzi per portare a ciascuno notizie su misura nel rispetto rigoroso della privacy. La rivoluzione digitale per salvare il giornalismo


«Crediamo che Google abbia sempre cercato di aiutare il mondo dell’editoria, ma dobbiamo ammettere di aver fatto qualche errore». Così Carlo D’Asaro Biondo, Presidente Strategic Relationships dell’azienda per l’Europa, annuncia un cambio di passo. E la nascita della Digital News Initiative (DNI), una partnership tra otto testate europee e Google per lo sviluppo di nuove forme di giornalismo online. I soci fondatori, insieme a La Stampa, sono Financial Times e Guardian, Die Zeit e FAZ, El Pais, Les Echos e il gruppo NRC Media; ne fanno parte anche l’European Journalism Centre, il Global Editors Network, e l’International News Media Association. DNI è un esperimento, il tentativo di cercare obiettivi condivisi per immaginare un futuro possibile del giornalismo, lungo un cammino che è appena all’inizio.
Le notizie su misura
L’informazione è multimediale, interattiva, personalizzata, viaggia su piattaforme e strumenti diversi, veicolata dai social media e dai motori di ricerca. Ma tra una notizia falsa e un’inchiesta di valore c’è solo un click di distanza: così uno dei punti chiave dell’accordo è promuovere la qualità e l’originalità dell’informazione, sia nel contenuto che nella forma. Chi investe tempo e risorse in articoli lunghi e complessi, documenti multimediali, webdoc, esperimenti di storytelling, paradossalmente si ritrova spesso penalizzato nei risultati delle ricerche e quindi nel numero di lettori. Di recente, Google ha modificato l’algoritmo, privilegiando nelle ricerche da smartphone le pagine ottimizzate per dispositivi mobili: una spinta perché chi progetta un sito web tenga presenti le esigenze dei lettori, che sempre più accedono al web da apparecchi diversi dal computer di casa o dell’ufficio. La Digital News Initiative va ancora oltre, e scommette sul dialogo tra giornalismo e tecnologia, due ambiti a lungo distanti e oggi talmente intrecciati che per chi fa informazione online conoscere qualche elemento di programmazione è importante quanto una lingua straniera.
La sfida della tecnologia
Insieme, giornalisti, esperti di marketing e ingegneri di Google, svilupperanno nuovi mezzi per portare a ciascuno notizie su misura, personalizzate per il momento il luogo e lo strumento dove vengono fruite. Serviranno quindi strumenti di analisi più precisi, sia pure nel rispetto rigoroso della privacy, ma bisognerà anche ripensare il modo in cui gli articoli vengono scritti; su uno smartwatch, ad esempio, è impossibile immaginare lunghe letture, c’è spazio solo per pillole di notizie, foto o infografiche. 
Secondo l’ultimo Ericsson Mobility Report, poi, i video su piattaforma mobile aumenteranno di dieci volte da qui al 2020: arriveranno soprattutto da YouTube, Facebook, Snapchat o da app di streaming come Periscope. Di conseguenza anche la centralità del sito web sarà messa in discussione: sui social network leggeremo sempre di più notizie complete e non soltanto link che rimandano ad articoli pubblicati altrove. Bisognerà quindi inventare nuovi modi per attirare gli inserzionisti, studiare forme inedite di collaborazione e divisione degli utili tra le piattaforme e gli editori.
L’iniziativa
«Google lavorerà fianco a fianco con le redazioni e le organizzazioni giornalistiche per sviluppare un modello più sostenibile per le news. Questo è solo l’inizio, e invitiamo gli altri a partecipare», dichiara D’Asaro Biondo. Gli altri sono tutti quelli che lavorano per innovare il mondo delle notizie online, giornali, siti web, fino startup del settore. Nell’ambito del progetto Dni, Mountain View stanzierà 150 milioni di euro in tre anni per finanziare progetti di giornalismo digitale provenienti da tutta Europa, selezionati per le loro caratteristiche di originalità, fattibilità e potenziale impatto sul futuro dell’informazione. Google metterà anche a disposizione tre centri di ricerca a Parigi, Amburgo e Londra e organizzerà corsi di formazione con l’European Journalism Centre, Inma, Gen, il Center for Investigative Reporting e Hacks/Hackers, un gruppo di giornalisti impegnati sul campo della tecnologia. Oltre a borse di studio e seminari su temi cardine del giornalismo digitale (dai big data al crowdsourcing), Google finanzierà poi il nuovo Digital News Report del Reuters Institute che analizzerà le abitudini di lettura e consumo delle news in venti Paesi europei. Perché il giornalismo, anche ai tempi del digitale, rimane un dialogo costante e trasparente con i lettori: solo che ora abbiamo gli strumenti per conoscerli meglio.

Bruno Ruffili

*****
C’era un tempo in cui i giornali combattevano tra loro ogni mattina, una battaglia per conquistare una copia in più, per avere una notizia in esclusiva, per non prendere buchi, per essere aggiornati fino a notte fonda. Oggi molto è cambiato: la battaglia che si svolge non più una volta al giorno, ma ogni minuto, è un’altra, è quella per catturare l’attenzione dei lettori. E gli avversari non sono tanto gli altri giornali, ma tutto ciò che sta dentro un cellulare, l’infinito mondo della rete e delle applicazioni: giochi, video, foto, messaggi di amici e parenti, informazioni di servizio, pettegolezzi, curiosità, previsioni del tempo che ti annunciano che tra 10 minuti pioverà e notizie. Dobbiamo essere coscienti che oggi su Internet a un solo clic di distanza da un nostro articolo c’è il mondo intero, una rivoluzione rispetto ai tempi in cui tutto avveniva nel recinto del quotidiano di carta dove tutto era contenuto.
In questo panorama l’editoria tradizionale, quella che state leggendo in questo momento, sta perdendo peso e capacità di conquistare il cuore, la mente e soprattutto gli occhi dei lettori.
Ci si potrebbe arrendere e uno dei modi per farlo è continuare a raccontarsi una centralità che sta svanendo, ci si potrebbe accontentare di declinare il più lentamente possibile, si può continuare a rimpiangere il passato, oppure si può credere che esistano strade per dare valore ai contenuti e per mettere in luce la qualità.
Ma bisogna avere il coraggio di cambiare completamente il nostro approccio per essere capaci di realizzare progetti che sfruttino al meglio le potenzialità del digitale, che rendano il nostro giornalismo più competitivo, bello e fruibile e che cerchino al tempo stesso di rendere il giornalismo sostenibile dal punto di vista economico.
Per questo otto giornali europei, tra cui «La Stampa», «El País», il «Guardian», il «Financial Times» e la tedesca «Faz» hanno deciso di dare vita ad un progetto con Google, che si chiama Dni (Digital News Initiative) per portare innovazione nelle redazioni europee. Per dare risposte adeguate e competitive ai lettori di oggi, anche ai più giovani, per cercare di colmare quel gap che c’è tra ciò che produciamo e ciò che la gente legge in rete. Un progetto che ha come finalità quella di aumentare il numero di lettori, il loro tasso di attenzione e i ricavi, perché solo un giornalismo che ha i conti a posto è un giornalismo veramente libero da pressioni e condizionamenti.
Si tratta di studiare prodotti nuovi, di immaginare soluzioni innovative per la pubblicità, i video e le applicazioni, un’opportunità per tutto il sistema perché ciò che nascerà sarà a disposizione di chiunque voglia sperimentare nuove strade e non solo del gruppo dei fondatori.
Infatti, sia le soluzioni che verranno messe a punto sia il fondo di 150 milioni di euro per finanziare l’innovazione saranno aperti a tutte le realtà editoriali tradizionali, ma anche ai nuovi soggetti che si affacciano nel mondo dell’informazione digitale, startup comprese.
E’ un percorso di lungo periodo quello che inizia oggi: il compagno di strada è il più grande motore di ricerca del mondo, messo sotto la lente dell’antitrust europea proprio nelle scorse settimane, che in questi anni non è mai stato considerato né un amico né un possibile alleato dai giornali visto quanto ha contribuito a sbriciolare il sistema tradizionale.
Si può obiettare che per il gigante di Mountain View questa è una necessaria operazione di marketing e di pubbliche relazioni, per migliorare la propria reputazione in un continente in cui si trova ad affrontare critiche e una indagine antitrust, ma se questo lo ha spinto a sedersi intorno ad un tavolo e a discutere seriamente di sviluppo digitale del mondo editoriale per noi è una buona notizia.
Oggi Google sembra rendersi conto di come l’ecosistema in cui agisce non sarà più lo stesso e perderà valore se il mondo dell’informazione non riuscirà a tornare in buona salute, ha chiaro come la catena alimentare dell’informazione di cui si nutre dipenda anche dalla solidità del sistema editoriale.
Per questo «La Stampa» e altri sette gruppi informativi di Spagna, Inghilterra, Germania, Francia e Olanda hanno cominciato a lavorare insieme, convinti che questo sia un punto di partenza di un percorso che ci dirà presto se sia possibile trovare nuove strade per il nostro futuro insieme a Google.
Un percorso trasparente in cui si cercherà di dare un valore chiaro e riconoscibile al giornalismo di qualità, un percorso che in Italia dovrà necessariamente camminare parallelamente a un dialogo tra Google e la Federazione degli editori che dia risposte chiare ai problemi da tempo sul tavolo, a partire dai diritti d’autore fino alla condivisione dei dati.
Un progetto che contribuisca a comprendere i percorsi di lettura e le dinamiche dell’informazione, anche attraverso una maggiore cultura del tempo presente, grazie a borse di studio e finanziamenti per ricerche accademiche e al finanziamento per ampliare a venti Paesi europei il Reuters Institute Digital News Report, ricerca annuale e strumento preziosissimo per capire dove sta andando questo mondo.
Mario Calabresi