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 2015  aprile 28 Martedì calendario

La Lettera di Renzi ai compagni («Se perdiamo noi tornano gli specialisti»), i numeri («Può contare sulla carta su circa 410 deputati»), e le minoranza frastagliate («In realtà i dissidenti Pd – da conti di maggioranza e minoranza – non dovrebbero essere più di 40)

Se questa legge elettorale non passa è l’idea stessa di Partito democratico come motore del cambiamento dell’Italia che viene meno”. Mentre inizia la discussione generale sull’Italicum nell’aula di Montecitorio (vuota, come da copione nei giorni in cui non si vota), Matteo Renzi scrive ai responsabili dei circoli del Pd. I toni diventano altissimi. Incipit che rimanda alla pancia della ditta con quel “care compagne e compagni”, il segretario-premier lancia l’ultima minaccia: se non passa la legge elettorale, non cade solo il governo, non finisce solo la legislatura, ma è in discussione pure il Pd. Insomma, i deputati rischiano tutto: dal posto in Parlamento oggi (con relativo vitalizio) a un posto in lista e a un futuro in politica domani. Perché non votare l’Italicum “significherebbe dire che il Pd non è la forza che cambia il Paese, ma il partito che blocca il cambiamento”. E sarebbe “anche il più grande regalo ai tanti che credono nel potere dei tecnici, quelli che pensano che la parola politica sia una parolaccia e bisogna affidarsi ai presunti specialisti”. Alza il tiro il premier. Sullo sfondo c’è tutto: l’azzeramento degli organismi dirigenti dem, al limite pure un nuovo congresso. Perché per il segretario-premier il logoramento (o “la palude” come dice lui) è il male assoluto e va evitato. Ieri il sondaggio di Emg per il Tg de La7 fotografava l’ulteriore discesa del Pd dello 0,7 %. Ora è a quota 34,5%. Con la coalizione di centrodestra (35,3%) che si avvicina al centrosinistra (39,8%).
Le minoranze del Pd sono frastagliate e in grado di nuocere entro certi limiti. Ma tutto quello che si agita intorno, da Prodi a Letta, da D’Alema fino ai tanti poteri costituiti che il Capo del Governo ha scalfito potrebbe a un certo punto coalizzarsi. Con un candidato alternativo alle elezioni ? “Non hanno i voti”, dicono i renziani. Allora, con un tecnico. Magari non oggi, ma tra un po’. Non è un caso quell’accenno di Renzi nella lettera di ieri. Per questo, incassare un sistema elettorale pronto all’uso per Renzi è vitale.
Oggi ci saranno i voti sulle pregiudiziali di costituzionalità. Uno palese, due, segreti. Senza fiducia, come alla fine ha deciso il governo. Chiamata alle armi per tutti (“annullare tutti gli impegni e le missioni”, recitavano gli sms). Dunque quello di oggi sarà il primo test, anche per valutare se mettere o no la fiducia. Per il sì, servono almeno 316 voti. Renzi può contare sulla carta su circa 410 deputati. Le minoranze dem respingeranno le pregiudiziali. Non fosse altro che per tattica: mostrare al premier disponibilità, per poi tendergli qualche tranello. Forse qualcuno (come Civati, e Fassina) resterà fuori. Ma Renzi potrebbe avere anche una trentina di voti da chi in FI non vede l’ora di sbarcare nel Partito della nazione.
Dopo le pregiudiziali inizia il percorso vero e proprio. Ieri da parte della maggioranza era tutto un assicurare che la fiducia sull’Italicum non è sicura. Lo diceva il vicesegretario, Guerini, lo ribadiva il vice capogruppo Rosato. “Renzi sta trattando, sta cercando di capire se può fidarsi del Pd”, spiegavano i suoi. La valutazione da parte del premier è abbastanza complicata: senza fiducia le minoranze si spappolerebbero, tra favorevoli, contrari e astenuti. Un risultato ulteriore per lui. Però i voti segreti sono un’ottantina e alcuni molto rischiosi (quello sull’apparentamento al doppio turno, potrebbe attrarre oltre alla minoranza dem e a numeri consistenti di FI, anche pezzi degli alleati minori di Renzi). Rischio che, con la fiducia, risulterebbe polverizzato. Resterebbe comunque l’incognita voto finale (segreto). In realtà i dissidenti Pd (da conti di maggioranza e minoranza) non dovrebbero essere più di 40. Ma resta un punto critico. “Se passano le fiducie e non passa l’Italicum a voto segreto, chi l’ha detto che deve cadere il governo?”. Velata minaccia di un bersaniano, che prova a far vedere che una delle pistole del premier è scarica.
Ieri sera, intanto Renzi ha incassato la lettera dei 20 segretari regionali in sostegno all’Italicum. Primo effetto della minaccia mattutina. E allora si parla di un’accelerazione: si potrebbe cominciare a votare già da questa settimana. Dentro Area Riformista crescono i dialoganti. Le dimissioni di Speranza da capogruppo sono irrevocabili. Ma c’è un’area capeggiata dal ministro Martina e dal responsabile Esteri, Enzo Amendola (tra gli altri Manciulli e Ginefra) che sta cercando di portare la corrente al sì. Potrebbe arrivare la ricompensa: la scelta del nuovo capogruppo è congelata fino a dopo l’Italicum. Renzi vorrebbe un altro della minoranza. In pole proprio Amendola.