Corriere della Sera, 24 aprile 2015
La nutrigenomica di Campogrande. Il compositore della Verdi, l’orchestra che suonerà ad Expo, studia l’interazione tra la musica e l’alimentazione: «Evoco un essere umano con caratteristiche universali, una sorta di uomo leonardesco, per poi “nutrirlo” di note, ritmi, armonie e timbri, facendolo crescere a seconda del cibo (sonoro) che ingerisce»
Con 140 concerti, la Verdi è di fatto l’orchestra sinfonica «in residenza» all’Expo. È una realtà che, come ricorda il suo direttore generale (e cofondatore) Luigi Corbani, è da sempre orientata alle sfide: durante Expo si ascolteranno per la prima volta lavori di Vacchi (tema dell’acqua) e di Bacalov (vino).
Sfide difficili: il riconoscimento legislativo di orchestra, atteso da vent’anni, è arrivato il primo aprile. Ha pensato a uno scherzo? «No, è stato bravo il ministro Franceschini», sorride Corbani. Ma è un’altra commissione della Verdi che colpisce, per quantità (verrà eseguita 58 volte) e originalità: se il cibo ha ispirato tanta musica, nessun compositore prima di Nicola Campogrande si era mai esercitato sulla nutrigenomica, la scienza che studia l’interazione tra nutrizione e Dna, in altre parole, come gli alimenti ingeriti influenzano i geni.
La prima è il 7 maggio, sul podio dell’Auditorium il giapponese Junichi Hirokami. Il brano è «Expo Variations», ma il titolo cambia e comprende di volta in volta ognuno dei 24 paesi a cui il progetto è dedicato. Si comincia da Israele, perché ogni brano è collocato temporalmente vicino alla festa nazionale del paese in questione. «L’Italia non c’è, immodestamente la rappresento io», dice Campogrande, 45 anni, torinese, prolifico (177 lavori all’attivo), comunicatore (è una delle voci di Sky Classica) e individualista: infatti dice che la sua creatività «è alimentata dal rapporto fecondo con gli interpreti, più che con i colleghi compositori». In questa miniatura che dura 5 minuti (la prima proseguirà con la Nona di Mahler), c’è un tema musicale trasformato in 24 modi diversi.
«L’idea – spiega l’autore – è di farlo crescere come un bambino di cui non conosciamo il Dna, il colore dei capelli, e se sarà alto e basso. Ma alcune caratteristiche del suo essere adulto dipendono da quello che mangia, o dalla vita che conduce. In altre parole, evoco musicalmente un essere umano con caratteristiche universali, una sorta di uomo leonardesco, per poi “nutrirlo” di note, ritmi, armonie e timbri, facendolo crescere a seconda del cibo (sonoro) che ingerisce».
Gli inni sono l’«alimento» per il tema, che se ne giova per trasformarsi in adulto. Ha stabilito il numero 24, come la summa delle tonalità maggiori e minori, o come i grandi cicli (il Clavicembalo ben temperato di Bach, i Preludi di Chopin…), partendo dalla materia prima musicale, e dunque gli inni nazionali, smontati e rimontati in echi. «Perché il gioco non fosse completamente esoterico, all’interno dei pezzi c’è una citazione esplicita degli inni». L’organico strumentale cambia di paese in paese, piccolo per l’inno belga, immenso per il turco, e quindi il suono dell’orchestra cambia radicalmente.
Quale inno l’ha più ispirata? «L’Ungheria è un caso affascinante. C’è quello ufficiale, e quello ufficioso, di carattere religioso, che però viene intonato regolarmente. Meravigliosi entrambi, ho lavorato su tutti e due, anche sovrapponendoli. Quello cinese, dopo Mao ha assimilato stilemi estranei alla loro tradizione eterofonica, che non prevede armonia e gli strumenti eseguono tutti la stessa nota. Allora per bilanciare l’identità di Pechino ho recuperato i violini cinesi a due corde e diversi gong. Quello brasiliano, nato quando furoreggiava l’opera italiana, non ha caratteristiche che ci portano musicalmente a Rio e dunque ho messo le conga, le maracas, il fischietto del samba. Diverso il caso francese, di cui conosciamo anche le parole, per cui nella parte più violenta, lo sgozzamento di figli e compagni, ho immesso una traccia teatrale».
Questa catena di cibo e inni (5 minuti per un totale di due ore), avrà vita lunga, sono già previste esecuzioni nel 2016. «Credo di essere l’unico compositore ad aver ricevuto una commissione per 24 brani sinfonici».