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 2015  aprile 23 Giovedì calendario

Se la banca fa crac paghiamo noi. Il governatore di Bankitalia Visco dà l’allarme: «Avvertite i clienti». Da gennaio addio ai salvataggi di Stato: in caso di insolvenza di un istituto saranno chiamati a coprire le perdite azionisti, obbligazionisti e correntisti. In Austria è già realtà

I clienti, a partire dal 2016, dovranno pagare i salvataggi delle banche. Lo sanno in pochi, dovranno essere le banche a farsi carico di informare il pubblico della novità. A dirlo, richiamandosi alle nuove regole fissate dall’Unione Bancaria europea, è stato ieri lo stesso governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel corso della sua audizione al Senato sul sistema bancario italiano. Il governatore si è anche soffermato sul recepimento della regolamentazione finanziaria europea che «in alcuni casi mostra preoccupanti ritardi» che possono incidere «sulla stessa credibilità della nostra azione». Ma il segnale più forte è il richiamo alle nuove regole, su cui le banche finora hanno preferito tacere.
«Tra i nuovi principi stabiliti dalle regole europee sulla risoluzione – ha sottolineato il nostro banchiere centrale – quello certamente più innovativo è rappresentato dal bail-in», ovvero il principio «che prevede di mettere a carico degli azionisti e dei creditori dell’intermediario le perdite emerse a seguito della crisi, prima di ogni eventuale sostegno pubblico che potrà avvenire solo in casi estremi. Il passaggio da un mondo caratterizzato da un sostegno pubblico implicito a uno in cui sono in primo luogo gli azionisti e i creditori a sopportare le perdite limita gli oneri potenzialmente a carico della collettività». Fin qui l’aspetto positivo della novità che, però, nasconde grosse insidie per i risparmiatori. Anche perché, come ammette lo stesso Visco, finora gli istituti si sono ben guardati dal mettere i clienti al corrente delle decisioni prese dall’Unione Europea.
Al contrario, spiega Visco, «la clientela, specie quella meno in grado di selezionare correttamente i rischi, va resa pienamente consapevole del fatto che potrebbe dover contribuire al risanamento di una banca anche nel caso in cui investa in strumenti finanziari diversi dalle azioni, il che fa venir meno la certezza del mantenimento del valore del capitale investito fino ad ora radicata nella consapevolezza dell’investitore». In attesa che le banche facciano il loro dovere, proviamo a fare chiarezza.
AZIONI E BOND
D’ora in poi, la garanzia per i risparmiatori che si affidano ad una banca sarà limitata, nell’ambito della cifra coperta dall’apposito fondo, ai depositi fino a centomila euro. La garanzia, però, dal prossimo primo gennaio 2016, non varrà né per le azioni (come già previsto) né per le obbligazioni emesse dagli istituti di credito. Insomma, i risparmiatori che, quasi sempre su consiglio del bancario di turno, sottoscrivono le obbligazioni del proprio istituto (corporate bond o titoli più complicati) sappiano che in casi di insolvenza della banca rischieranno di non rivedere i propri quattrini.
Secondo le nuove regole, infatti, in caso di default si adotterà il principio del bail-in, per cui i primi a pagare saranno gli azionisti, poi toccherà agli obbligazionisti. Solo in caso eccezionale entrerà in azione lo Stato.
PRECEDENTE AUSTRIA
Insomma, d’ora in poi sarà necessaria un po’ d’attenzione in più: in caso di errore o gestione scriteriata di banchieri troppo avidi, gli ammanchi andranno a ricadere su «tutte le passività diverse da quelle espressamente escluse (essenzialmente i depositi protetti, le passività garantite da attivi emessi dalla stessa banca, i prestiti interbancari con scadenza originaria inferiore a sette giorni). In questo nuovo regime – ha aggiunto Visco – occorrerà evitare che si verifichino effetti indesiderati sulla stabilità finanziaria». Come è avvenuto in occasione del default dell’austriaca Hypo Alpe Adria (in cui sono stati coinvolti anche risparmiatori tedeschi ed italiani), che ha fatto da cavia alle nuove regole, gli effetti di un’insolvenza possono colpire anche di rimbalzo. Come ha spiegato Andreas Dombret, che fa parte del board del Meccanismo di Supervisione Bancaria della Bce, «le banche creditrici devono prendere in seria considerazione la situazione», ovvero «è raccomandabile mettere da parte accantonamenti di almeno il 50% per coprirsi da eventuali perdite». Consiglio che vale anche per i clienti degli istituti, per lo più tedeschi, che hanno scelto i bond ad alto rischio come sottostante per prodotti finanziari poi venduti al pubblico.
La novità è stata voluta dai Paesi del Nord Europa (Olanda in testa) «scottati» dal crac del 2008/09, quando i contribuenti furono chiamati a pesanti salassi. In buona parte d’Europa, del resto, le obbligazioni degli istituti sono distribuiti per lo più tra le compagnie di assicurazione e i fondi pensione, istituti gestiti da professionisti, mentre in Italia sono diffusi nei portafogli di centinaia di migliaia di risparmiatori, cosa che impone maggior cautela agli emittenti ed ai distributori.
BAD BANK
Non solo di questo ha trattato il governatore. Sull’eventuale bad bank, «secondo me – ha proseguito Visco – è importante rispondere con un intervento pubblico, ovviamente rispettando le norme europee: ci sono le giustificazioni per un intervento pubblico». Già ora, però, si può rilevare che «il miglioramento delle condizioni di fondo dell’economia e dei mercati, cui hanno contribuito in misura determinante gli interventi dell’Eurosistema, si sta riflettendo positivamente sulle condizioni delle banche». Visco ha voluto poi soffermarsi sul recepimento della regolamentazione finanziaria europea che «in alcuni casi mostra preoccupanti ritardi. Lunghi tempi per la trasposizione delle regole europee nell’ordinamento nazionale», che «ostacolano l’impegno e la partecipazione attiva del nostro paese al processo di integrazione finanziaria europea». Tempi che «possono incidere sulla stessa credibilità della nostra azione».