Libero, 23 aprile 2015
Perché nella satira nostrana compare al limite il siciliano mafieggiante, il sardo involuto, il calabrese omertoso, il milanese bauscia, e americani, francesi, crucchi e insomma tutti fuorché gli islamici d’Italia, i poligami della Bovisa? La nostra satira ha ancora troppa paura
Dopo che il coraggioso vignettista Vauro ha disegnato Daniela Santanché come un escremento galleggiante (perché aveva proposto l’affondamento dei barconi degli scafisti – vuoti – prima che lo proponesse anche l’Unione Europea) ho letto l’intervista a Vittorio Feltri in cui diceva che non abbiamo abbastanza paura dell’islam. Vorrei rassicurarlo: la nostra satira di paura ne ha da vendere. La lezione di Charlie Hebdo non ha cambiato una virgola; oceani di retorica, come no: poi sono ancora lì al calduccio a fare vignette su Berlusconi e al limite su Renzi. Come mai? Perché nella satira nostrana compare al limite il siciliano mafieggiante, il sardo involuto, il calabrese omertoso, il milanese bauscia, e americani, francesi, crucchi e insomma tutti fuorché gli islamici d’Italia, i poligami della Bovisa? Ho fatto una ricerchina d’archivio. Mi è spuntato fuori che Andy Luotto, ancora negli anni Ottanta, quando impersonava l’arabo macchiettistico a Quelli della Notte, fu pestato sotto casa. Poi ho ritrovato una puntata di Otto e mezzo che dibatteva del tema «Si può ridere dei musulmani?». Già allora, la risposta era no. Maurizio Crozza diceva che preferiva sfottere il Papa o Bush «perché loro influenzano il nostro modo di vivere». I musulmani invece no, non lo influenzano. L’unico a dirla tutta era Stefano Disegni: «Non si fa satira sui musulmani perché c’è pericolo, e quindi satiri e comici e caratteristi ci pensano due volte». Era il 2006: non ci hanno ancora pensato abbastanza. Hanno ancora una fottuta paura.