la Repubblica, 23 aprile 2015
Lode alla solida, caparbia ingenuità di Gianni Morandi; che sulla sua (seguitissima) pagina Facebook scrive poche e semplici parole di solidarietà sui migranti che affogano; che viene subissato di improperi rabbiosi; che prova, con pazienza, a rispondere almeno a qualcuno dei quattordicimila che gli scrivono
Sia lode alla solida, caparbia ingenuità di Gianni Morandi; che sulla sua (seguitissima) pagina Facebook scrive poche e semplici parole di solidarietà sui migranti che affogano; che viene subissato di improperi rabbiosi; che prova, con pazienza, a rispondere almeno a qualcuno dei quattordicimila (!) che gli scrivono, molti dei quali disposti a ribaltare i barconi con le loro mani, potessero farlo; che la mattina dopo scrive, desolato, «non mi aspettavo che la maggior parte di questi messaggi facesse emergere il nostro egoismo, la nostra paura del diverso e anche il nostro razzismo», e si rammarica del fatto che «molti di loro, magari, hanno famiglia, figli, la domenica vanno a Messa», ma «non ascoltano le parole di papa Francesco». Morandi è un uomo del popolo, in mezzo al popolo vive da sempre con una disponibilità rarissima in una star. Ho avuto l’onore di lavorare con lui, conosco le sue braccia larghe di fronte alla pressione della fama, la sua capacità di guardare le persone, ascoltarle, cantare per loro. È cresciuto nella povertà. Ha conosciuto la caduta. Molto difficile affibbiargli le etichette correnti (radical chic, fighetto intellettuale, comunista da salotto) che fiondano come sassi da destra verso sinistra. Molto difficile ignorarne l’anima popolare, grazie alla quale si tiene molto alla larga dal ringhio piccolo borghese del nostro ex popolo.