la Repubblica, 23 aprile 2015
Enrico Letta ancora al veleno su Renzi: «È come il metadone». Il predecessore contesta al premier attuale di raccontare un Paese che in realtà non c’è. Gelo anche da Prodi che rilancia l’Ulivo: «Non so se Matteo è figlio nostro»
La vendetta, si sa, va servita fredda. E anche se Enrico Letta e Romano Prodi non vogliono neppure sentire la parola e, alla presentazione dei rispettivi libri, premettono sempre di non volere polemizzare con niente e nessuno, tuttavia d’improvviso si sfogano e i giudizi su Renzi sono pesantucci. Letta, che ha deciso di dimettersi da deputato e da settembre dirigerà la scuola di affari internazionali a Parigi, la prende alla larga: «Io cerco di dare un contributo perché non sia un tempo in cui la percezione conta più della realtà...», mentre Renzi racconta un paese che non c’è. Quindi la stoccata: lo storytelling, la narrazione dell’Italia che fa Renzi è «metadone». Quattordici mesi dopo la staffetta più gelida di sempre a Palazzo Chigi, quando Enrico consegnò a Matteo la campanella e a malapena gli strinse la mano, ecco la bordata: Renzi è per l’Italia come il metadone. Una cura assai rischiosa.
L’ex premier Letta – defenestrato di botto con l’assenso di tutto il Pd a febbraio del 2014 – non manca ora occasione per marcare la distanza da Renzi. No alla politica alla “House of cards”, fiction preferita da Matteo, esempio di cinismo del potere; meglio essere premier eletti («Come premier non eletto mi sentivo a disagio»); attenti al «solo peccato capitale: l’impazienza»; non confondere: «governare non è comandare». Tanto che il libro di Letta Andare insieme, andare lontano è considerato un manifesto anti-Leopolda, la kermesse renziana.
D’altra parte nell’intervista ieri a Radio 2-4, Letta è innanzitutto propositivo. «Prodi – dice – sarebbe stato il nome giusto per occuparsi di Libia». Il Professore, appunto. Candidato al Quirinale, colpito e affondato nel 2013 da 101 “franchi tiratori” del Pd, il partito che ha fondato, non è stato neppure preso in considerazione da Renzi per il Colle nel gennaio scorso. Alla festa dell’Unità sulla Liberazione non è stato invitato. E lui, perfidamente serafico, esalta l’Ulivo, quella sì «idea veramente fondamentale per la stabilità e l’alternanza». Piuttosto distante dal renziano Partito della nazione. Ma soprattutto, alla domanda «Renzi è figlio dell’Ulivo?», risponde: «Non sono un ginecologo io». Nel suo libro con Marco Damilano Missione incompiuta discute dei riformismi, di cui ci sarebbe un gran bisogno e che andrebbero uniti. Ma «non lo farò certo io, appartengo ai nonni della Repubblica... mi sono autorottamato e continuo ad essere nel magazzino rottami». Ci sono gli ingredienti per l’hashtag #Matteostaisereno. Ovviamente Letta e Prodi assicurano che il governo andrà avanti e i rapporti con Renzi sono davvero sereni. Qualcuno ritiene che possano aggregare attorno a una loro piattaforma un fronte anti renziano, anti Leopolda, anti Italicum? Letta come l’anti Renzi di nuovo in campo? Rosy Bindi invita Enrico a combattere la battaglia che va combattuta e dice di essere contenta che Prodi torni nel dibattito politico, perché è vero che «c’è da elaborare il lutto, ma poi va fatta la battaglia politica».