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 2015  aprile 23 Giovedì calendario

L’Europa va alla guerra contro Gazprom. Il colosso russo monopolista del gas è accusato di avere impedito la concorrenza in otto Paesi Ue dell’Est e di aver fatto pagare di più le forniture (fino al 40%) proprio grazie alle sue manovre di marketing

Due anni abbondanti di indagini e da ieri l’esito finale: la Commissione europea, nei panni della commissaria danese Margrethe Vestager, apre ufficialmente il caso Gazprom accusando il colosso russo monopolista del gas di avere impedito la concorrenza in otto Paesi Ue dell’Est e di aver fatto pagare di più le forniture (fino al 40%) proprio grazie alle sue manovre di marketing.
Una mossa non del tutto inattesa (le prime indiscrezioni sono circolate qualche giorno fa) e che per di più arriva solo una settimana dopo che la stessa quarantasettenne commissaria ha aperto la partita antitrust – questa volta per abuso di potere di mercato – nei confronti di un altro peso massimo, come il colosso americano Google.
Un colpo a Ovest e uno a Est? Di certo l’«imparzialità» delle uscite Ue e le assicurazioni della Vestager sull’assenza di motivazioni «politiche» non impediscono a quasi tutti gli osservatori di qualificarle, al contrario, come estremamente politiche. Non a caso ieri, subito dopo la diffusione delle decisioni dell’Antitrust comunitario, è immediatamente intervenuto il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, che ha definito «infondate» le accuse alla compagnia statale, basate a suo dire su un’interpretazione retroattiva delle norme comunitarie sull’energia, quelle comunemente definite come «Terzo pacchetto». Sullo sfondo delle parole del ministro russo si intravede, ovviamente, il confronto sulla perdurante crisi ucraina, ma non solo. Due giorni fa il numero uno di Gazprom, Alexey Miller, era ad Atene in conversazione con il premier greco quasi omonimo Alexis Tsipras, reduce a sua volta da Mosca e da un incontro con Vladimir Putin. La Grecia in crisi di liquidità sta faticosamente negoziando con Bruxelles il suo destino, e in questa trattativa si è inserita una sorta di «sponda» di carattere energetico che sarebbe stata offerta da Mosca, e che contemplerebbe l’erogazione di fondi in cambio del passaggio del gasdotto «Turkish Stream» (erede del defunto «South Stream») in territorio greco. Ipotesi ardita considerate le difficili condizioni economiche in cui versa Mosca. Ma ciò malgrado ecco la «coincidenza» dell’apertura di un contenzioso formale europeo con Gazprom, per la quale potrebbe scattare una multa fino a 14 miliardi, pari al 10% del suo fatturato del 2012, l’anno di avvio dell’indagine.
Secondo gli uffici di Vestager, comunque, Gazprom deve rispondere di aver sostanzialmente messo in atto una strategia sleale in parecchi Stati dell’ex Urss o del blocco sovietico, come Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Slovacchia. In diversi di questi Paesi il gas russo copre dal 50% fino al 100% del consumo interno di gas naturale. Il gruppo di Miller avrebbe imposto restrizioni territoriali nei suoi accordi di fornitura, impedendo l’esportazione del suo gas e il flusso transfrontaliero. Ciò avrebbe permesso aumenti di prezzi in cinque Stati membri (Bulgaria, Polonia e i tre baltici). Ora Gazprom ha dodici settimane di tempo per rispondere. Ma lo scontro è solo alle prime battute.