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 2015  aprile 23 Giovedì calendario

Cinema, prosa, opera, cartoni: la favola di Cenerentola non è mai stata così attuale. Alla Disney stanno facendo il bagno nei dollari come Paperon de’ Paperoni grazie alla brillante idea di rifare la vecchia Cenerentola a cartoni animati del Fondatore con attori umani e la regia dell’ex shakespeariano sir Kenneth Branagh

D’accordo: il mondo dello spettacolo è come il maiale, non c’è niente da buttar via. I classici sono tali appunto perché si possono riciclare sempre e comunque. Eppoi, si sa, le favole sono i classici più classici, gli evergreen, l’usato sicuro, il remake che non tradisce, saporito in qualsiasi salsa lo si cucini.
Però stupisce l’attuale fortuna di Cenerentola, favola che funziona e incassa su ogni media: al cinema, a teatro, all’opera, nei cartoni animati siamo in una fase di cenerentolamania acuta. Certo, da Perrault in poi Cenerentola non è mai uscita di repertorio; ma forse non c’è mai stata tanto come in questo periodo. Mettetela sullo schermo, o su un palcoscenico, e diventa subito la gallina dalle uova d’oro (peraltro, è anche meno oca di altre primedonne delle fiabe).
Alla Disney stanno facendo il bagno nei dollari come Paperon de’ Paperoni grazie alla brillante idea di rifare la vecchia Cenerentola a cartoni animati del Fondatore con attori umani e la regia dell’ex shakespeariano sir Kenneth Branagh, che infatti ci trova pure analogie con il Re Lear: «Dopotutto anche lì si racconta di un padre che muore lasciando tre figlie».
Però nessun Lear ha mai incassato 400 milioni di dollari in quattro settimane. Merito anche di scene e costumi, ovviamente «da favola», di Dante Ferretti e Sandy Powell. Lei è Lily James (un punto vita di 55 centimetri), lui Richard Madden, ma chiaramente giganteggia Cate Blanchett, che è la perfida matrigna in abiti leopardati.
Intanto ieri al Piccolo di Milano è approdata la Cendrillon di Joël Pommerat, regista star in Francia, pupillo di Peter Brook e specializzato in fiabe (ha già fatto sia Pinocchio che Cappuccetto Rosso) ovviamente con letture molto intellettuali e, a giudicare dalle foto, anche piuttosto dark.
Sempre per restare a teatro, ma cantato e non parlato, è un momento di grazia anche per La Cenerentola più nota, quella di Rossini (differenze principali: la matrigna diventa un patrigno, però altrettanto carogna, e il Principe scambia i vestiti con il suo valletto per gli immancabili qui pro quo). Dal 1° gennaio di quest’anno al 31 dicembre del prossimo, La Cenerentola è andata, va o andrà in scena 164 volte in 36 città di 18 Paesi, compresi la Nuova Zelanda, Cipro, la Turchia e, domani, Muscat, capitale dell’Oman.
E arriva pure la versione cartoon della Gatta Cenerentola di De Simone, tratta dallo stesso Cunto de li Cunti di Giambattista Basile cui si è ispirato Matteo Garrone per il Racconto dei racconti atteso a Cannes.
Il sospetto, allora, è che al gran ritorno di Cenerentola contribuisca il clima da talent show nel quale siamo purtroppo immersi. In fin dei conti, anche Cenerentola trionfa al concorso di bellezza e di grazia, diventa Miss Fiaba e si porta a casa il premio, un principe vero, bello e pure con il patrimonio intatto.
È una self-made-woman molto americana nel trionfare di ogni difficoltà, famiglia da incubo compresa, grazie a una forza di volontà schiacciasassi e sorellastre. Non a caso, La Cenerentola (quella di Rossini) che si vedrà nella prossima stagione del Regio è, secondo il giovane regista Alessandro Talevi, un’aspirante attrice che supera il casting di Cinecittà. E magari senza neanche dover passare dal divano del produttore. È pur sempre una favola.