La Stampa, 23 aprile 2015
Il primo caso di stalking condominiale. Per quattro anni due giovani sposi hanno subito persecuzioni e insulti dai vicini di casa. Condannati madre e figlio a quattro mesi di reclusione (più il risarcimento danni). Una sentenza storica
Torture quotidiane. Uscire di casa e sentirsi osservati dalla finestra, la musica rock nel cuore della notte per un risveglio da cuore in gola, ripetuti colpi di bastone alle pareti, la spazzatura gettata dal balcone e quella minaccia che toglie il fiato: «Vostro figlio la pagherà». Per 4 anni due giovani sposi hanno subito persecuzioni e insulti dai vicini di casa. Per sopravvivere a quello stato di angoscia (provato anche dai referti medici) la coppia è stata costretta a trasferirsi in un seminterrato, a limitare i movimenti e azzerare le cene con gli ospiti. Ora il giudice ha condannato i responsabili di quel martirio psicologico a 4 mesi di reclusione (più il risarcimento danni) con una sentenza storica: si tratta infatti di uno dei primi e rari casi riconosciuti di «stalking condominiale», dove cioè i persecutori non sono il compagno di una vita, né un fan fanatico ma la signora della porta accanto e suo figlio, disoccupati e con un unico obiettivo: vendicarsi su quei giovani condomini, farli impazzire, costringerli ad andarsene. Anni da thriller cominciati nel 2012: vittime, un operaio petrolifero di 39 anni e la moglie di 41, all’epoca incinta. Vivono nel loro alloggio di proprietà, a Ronco Scrivia, sull’Appennino ligure secondo piano di uno stabile. Al terzo ci sono Maria Barbieri di 74 anni e il figlio Nivio Bunicci di 40. Al primo, una donna sola che si rivelerà testimone chiave nel processo. Il detonatore è banale: e da copione come nella maggior parte delle liti tra dirimpettai. Il giardinetto di 15 metri quadrati: è della giovane coppia, secondo il contratto, ma madre e figlio lo pretendono. La tensione sale dopo un diverbio sulla canna fumaria. Sono solo pretesti, però, per coltivare l’odio. E l’accanimento verso la coppia si fa pressante: «Dovete andarvene», «Ve la faremo pagare». E poi i rumori che trapanano le teste dei due sposi, sorvegliati a vista dall’anziana. «Siamo stati costretti a rincasare in orari diversi e a chiedere agli amici di accompagnarci» raccontano le vittime. Alla fine, quando nasce il bimbo la paura è troppa: i giovani coniugi ripensano al tragico epilogo del delitto di Erba, partorito proprio da anni di furie tra vicini di casa, e decidono di abbandonare l’alloggio e traslocare nel seminterrato. Si barricano lì sotto. Ma non basta. I due stalker se la prendono con il bimbo: «Ve lo ammazziamo». Un giorno chiamano il 112: «Quel minore è maltrattato: i genitori lo picchiano». Ma non è vero e a loro volta vengono denunciati per procurato allarme. Un’altra volta mandano a casa della coppia i veterinari dell’Asl: «Hanno un cane tenuto male». Non è vero nemmeno quello. Un incubo, finito solo l’altro giorno, al tribunale di Genova. Il giudice Luca Staricco ha confermato lo stalking condominiale. Una sentenza storica.