Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  aprile 23 Giovedì calendario

Viaggio nel “Corridoio degli addii” del tribunale di Milano. «Sei anni di matrimonio, il triplo per lasciarci». Il legale: «Meglio il taglio netto». Il giudice: «Ora con la nuova legge aumenterà il lavoro»

«Beh, allora… ciao». «… Ciao…». Quando tutto è già stato detto, vomitato, rinfacciato, sottoscritto, allora si arriva qua, al sesto piano del palazzo di giustizia milanese, nel “corridoio degli addii”», dove ogni mese almeno 350 ex coppie finiscono per firmare un foglio che sancisce la fine del loro rapporto. E dove, fuori da piccoli uffici che concedono viste sontuose su una Milano verticalizzata, ci si saluta con sguardi bassi, sussurri struggenti e nessuna stretta di mano. È amarezza, dolore, rimpianto. Così il giorno del «divorzio breve», in questo luogo un po’ defilato, in realtà è un giorno come un altro: perché lasciarsi il più in fretta possibile sarà anche una liberazione ma è soprattutto un lutto, come spiega la presidente della nona sezione Gloria Servetti, donna di polso e raro equilibrio, il giudice che portò a termine la causa di separazione tra Silvio e Veronica.
Velocità? Serve maturità
«Il problema non è la velocità, anzi occorre sempre del tempo per elaborare il lutto di una separazione. L’esperienza mi ha insegnato che il benessere non sta nel divorziare prima o dopo, ma nel separarsi in modo maturo e consapevole». Dunque 6 mesi o un anno di separazione non servono a nulla? «Dipende. In fondo, preferivo la stesura in cui si prevedeva anche il divorzio diretto. Soprattutto per le coppie più giovani e senza figli diventa inutile attendere altri 6 mesi». E per chi se ne accorge tardi? «Sei mesi o un anno non consentono comunque di capire come sarà meglio divorziare, soprattutto in presenza di figli e minori». Adulti sotto tutela? «Certe coppie avrebbero bisogno solo di grande aiuto. Da quando ho iniziato a occuparmi di questa sezione, nel 2009, ho notato un aumento del malessere. E i servizi sociali stanno esplodendo».
Litigi e lacrime
Per rendersene conto basta camminare lentamente lungo i 200 metri del corridoio in linoleum dove su dure panche di legno si colgono gli echi di un’umanità dolente. Prevalgono le liti degli avvocati con i loro clienti («Se non vuole più separarsi me lo doveva dire prima!»), poi quelle tra gli ex coniugi («Toccava a te andare a prendere il bambino!»), quindi i pianti sommessi di chi in fondo è rimasto solo, i sorrisi di chi pensa di aver vinto una lotteria, i sospiri di chi sta iniziando a farsene una ragione. A Milano sono 3500 all’anno i divorzi «congiunti», più 1600-1800 contenziosi; 3500 separazioni consensuali e altre 1700 conflittuali. Ieri era giorno di «modifiche»: le udienze per rinegoziare accordi pregressi in costante aumento a causa della crisi economica. Ma il «corridoio degli addii» diventa incandescente ogni secondo mercoledì del mese, quando si trattano in un giorno anche 250-300 cause: una bolgia infernale di «ex» che si rinfacciano qualunque cosa. Ridacchia un avvocato matrimonialista: «Qui ho visto cose che voi umani…». Per esempio: il giorno della sparatoria in tribunale, un giovedì dedicato ai divorzi «conflittuali», cioè i più difficili e litigiosi, quassù i carabinieri hanno dovuto sudare prima di convincere le ex coppie ad abbandonare gli uffici del loro tormento.
Meglio il divorzio diretto
«La verità è che il divorzio e la separazione sono un affare per ricchi. Per questo forse si sarebbe dovuta fare una legge più completa», spiega Cinzia Calabrese, presidente per la Lombardia dell’Associazione italiana avvocati per la famiglia e i minori (Aiaf): «La nuova legge inciderà solo sui tempi dello scioglimento del vincolo. Sarebbe stato meglio il divorzio diretto: in questo modo invece la coppia litiga durante la causa di separazione e ri-litiga quando divorzia». Vero? «Verissimo, i problemi seri e i litigi si verificano soprattutto in fase di separazione», spiega Giorgio Melli, 50enne fresco di divorzio. «Per arrivare al divorzio, ed è stato consensuale, ci ho messo 18 anni, il triplo della durata del mio matrimonio: uno sfinimento. Certo sarei stato più contento di sapere che, mettendoci d’impegno, io e la mia ex moglie ci saremmo potuti reciprocamente liberare in 6 mesi». Meglio ancora, all’istante: «Con i figli grandi e senza seri problemi di sostentamento, aver dovuto aspettare 3 anni prima di dirsi addio definitivamente non ha avuto senso», racconta Carla, separata e divorziata dopo 20 anni di matrimonio. «Credo anch’io che la soluzione dovrebbe essere il divorzio diretto, come nei Paesi anglosassoni. Ma qui siamo in Italia e l’ipocrisia cattolica prevale sempre». Il calcolo dei carichi però finora si è fatto sui 3 anni di separazione, con la nuova legge il rischio è che il tribunale esploda: «Aumenteranno le udienze – spiega la presidente Servetti – perché chi aveva già fatto passare un anno o due si precipiterà a divorziare. E non sempre sarà un bene».