Il Tempo, 22 aprile 2015
Vince il Premio Pulitzer ma non fa più il giornalista. Il caso di Rob Kuznia, che non riusciva a pagare l’affitto e ha cambiato lavoro. Ora fa il portavoce per una fondazione privata
Rob Kuznia, ama il ping pong, ha 39 anni e faceva il giornalista per il Daily Breeze, un quotidiano di Torrance, in California. Faceva perché, non riuscendo a pagarsi l’affitto con lo stipendio da cronista, da tempo ha cambiato mestiere, finendo a fare il portavoce di una fondazione privata, la Usc Shoah. Ieri Rob, sui social e negli Stati Uniti, è diventata una delle star assolute perché è stato premiato con il Pulitzer 2015, uno dei più prestigiosi riconoscimenti che, nel mondo, un giornalista possa ricevere.
Lo hanno premiato (assieme ad altri due colleghi del Daily Breeze, ed è la prima volta per questo piccolo giornale) per un’inchiesta sulla corruzione nelle scuole. Ma lui da sei mesi aveva già cambiato lavoro. Sul sito del Los Angeles Observed Kuznia ha spiegato di aver lasciato dopo «quindici anni la professione di reporter per andare a fare il portavoce per un’associazione privata». Il motivo: non ce la faceva con lo stipendio. «I miei capi – racconta Rob Kuznia, stavolta parlando con il New York Times – mi avevano pure dato un aumento. Vede, non voglio dare l’impressione che ignorassero la mia situazione ma non era abbastanza» per vivere in un posto come Los Angeles.
Lo strano caso di Rob, giornalista premiato con il Pulitzer che non è più giornalista perché non riusciva a campare con quello stipendio, purtroppo non è una eccezione bensì soltanto la punta di un iceberg, illuminata dalle circostanze, di una crisi che sta coinvolgendo il settore dell’informazione negli Usa e anche nella vecchia Europa. Alcuni dati sugli Stati Uniti: la composizione (come numero di giornalisti) delle redazioni è calata del 6,4% nel 2013, una diminuzione andata avanti pure nel 2014, con ristrutturazioni editoriali che hanno interessato diverse testate, anche grandi e prestigiose come, ad esempio, il New York Times o la Cnn. La storia di Rob – oltre ad aprire un dibattito in Usa su come stia cambiando il Quarto Potere, che per gli americani svolge un ruolo di cane da guardia dei potenti e delle libertà dei cittadini – segna soprattutto la fine della visione romantica del «mestieraccio», quella consegnata all’immaginario collettivo e all’opinione pubblica da decine di film, uno per tutti «Prima pagina», con Jack Lemmon e Walter Matthau, nel ruolo di due giornalisti, spregiudicati e liberi. Con la testa alle notizie: «Le uniche volte in cui ti ecciti è quando ti porti il giornale a letto». Del resto, è la stampa bellezza. Anzi, era.