Libero, 22 aprile 2015
Siccome un grado di xenofobia ce l’hanno tutti, a questo punto Filippo Facci decide di denunciare il suo
Siccome un grado di xenofobia ce l’hanno tutti, a questo punto denuncio il mio. Ero in Alto Adige, tempo fa, e mi sentivo straniero anche se sono originario di quelle parti; strade pulite, rispetto delle file, tono discreto della voce, compostezza in pubblico, sicurezza, decoro ed educazione civica: da italiano, sentivo di non meritare appieno quel livello di civiltà che può sembrare relegato a una visione piccolo-borghese della vita – mi rendo conto – ma che in ogni caso è stato sedimentato lentamente e faticosamente. Ci sono voluti fatica e secoli affinché gettare la carta per terra, pur con registri diversi, diventasse ufficialmente riprovevole. Ecco, il mio grado di xenofobia sta in questo: nel pensare che un’immigrazione epocale e disordinata stia facendo inevitabilmente ricominciare tutto daccapo. Africani che sporcano perché non sanno neppure che sia maleducato, cinesi che sui mezzi pubblici non fanno sedere gli anziani perché non gliel’hanno insegnato, arabi che stendono il loro tappeto nell’unico parcheggio libero, passanti orientali che ti travolgono, madri che urlano, bambini che orinano, gente che da noi è ineducata mentre nel loro paese è normalissima: perché diversa è la loro storia. E lo so che la Storia è appunto un rimescolamento continuo, e che ragionare così, più che da xenofobi, è da vecchi. Ma quando mi capita di vedere una fila esemplare ed educata, ogni volta, non riesco a non pensare a quanto tempo abbiamo impiegato per arrivarci.