Corriere della Sera, 22 aprile 2015
I Giochi Senza Barriere di Bebe, l’unica diciottenne al mondo a tirare di scherma senza braccia e senza gambe, e quelli di Marco, che salta in lungo con una protesi sognando Rio
C’era Bebe che si divertiva un mondo a fare sport. Meglio: a tirare di scherma. Per lei è quello: ora, diciottenne, è una campionessa paralimpica, unica al mondo a tirare senza braccia e gambe. Mamma Teresa e papà Ruggero, poco dopo quei giorni di sei anni fa in cui le hanno amputato braccia e gambe per una meningite, si sono guardati: «È quello che serve». La parola magica: sport. E allora mettono in piedi un’associazione per Bebe, ma non solo: «Perché bambini e ragazzi come lei possano capire quanto è bella la vita».
Art4sport nasce così. Era il 2009 e oggi è una delle società benemerite del Comitato Paralimpico. Ogni anno una festa. Si era partiti con poco: una partita di calcio, per raccogliere fondi. Arrivò un allenatore speciale: Alex Zanardi. Il papà di Bebe sbagliò il rigore decisivo. L’anno dopo cambiò tutto. Altra parola magica: integrazione. Persone con e senza disabilità insieme, a giocare e divertirsi. Quella partita di calcio è diventata i Giochi Senza Barriere. Prove fra sport e gioco. Le squadre erano di Mogliano Veneto, dove vive la famiglia Vio. Negli anni sono passati grandi campioni. Come quelli che ci saranno quest’anno. Fra gli altri: Kristian Ghedina, Andrea Lucchetta, Niccolò Fabi, Paolo Migone, Sabrina Salerno, Martin Castrogiovanni, Antonio Rossi, Giusy Versace.
È la quinta edizione e la più bella di sempre. Il luogo è un simbolo: l’Arena di Milano. I Giochi Senza Barriere sono fra gli eventi di Expo: «Energia per la vita». Otto squadre di regioni diverse, 20 giocatori per squadra, giovani (8-13 anni) e adulti, disabili e normodotati. L’Art4sport Team mischiato nelle rappresentative. Ci sarà Margherita, nata con un braccio in meno, occhi furbi e arti marziali come passione. Era in carrozzina. Una signora la vede: «È così carina, peccato sia difettata». Bebe: «Non sapeva che spesso le storie più belle nascono proprio da errori o incidenti». Come quello che è capitato a Marco. Aveva 14 anni. Scavalcando un muro è caduto e con i vetri di una finestra si è tranciato la vena femorale. Per salvargli la vita hanno dovuto amputare la gamba sopra il ginocchio. Oggi corre e salta in lungo con una protesi. Magari anche lui sogna Rio.
Con loro, tanti saranno a Milano la sera del 27 giugno. Con la benedizione di Jovanotti, che sarà lì con il cuore, perché è a San Siro a cantare. Ha scritto la prefazione al libro di Bebe Vio, che esce domani e che nel titolo porta il verso di una sua canzone: «Mi hanno regalato un sogno. La scherma, lo spritz e le Paralimpiadi» (Rizzoli, 17 euro, introduzione di Luca Pancalli). Una serata dove la parola disabilità non esisterà. Nata dalla storia di una ragazzina, alla quale durante un concerto Lorenzo dedicò «Ragazzo fortunato» e che oggi le scrive: «Sei pazzesca Bebe. Quando qualcuno ti conosce succede che vuole essere migliore».