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 2015  aprile 22 Mercoledì calendario

«In questo momento sembro il responsabile di ogni nefandezza, colpa di una strana congiuntura astrale, dell’insolita concentrazione di diversi incidenti in tre mesi». Intervista a Pietro Ciucci. Il presidente dimissionario dell’Anas ricorda che l’azienda non ha nessuna competenza sul monitoraggio delle frane, che non sono emersi episodi di corruzione e che «su di noi non c’è nemmeno un’intercettazione»

«No, non scriva che sono “sereno”. Meglio tranquillo». Pietro Ciucci tra un mese non sarà più presidente della stazione appaltante più potente di Italia, l’Anas, che ha retto per nove anni, incaricato da cinque governi diversi. Compreso quello Renzi, che però qualche giorno fa ha accolto le sue dimissioni, a un anno dalla scadenza naturale.
Di quei nove anni snocciola le cifre come un rosario: 25 mila chilometri di strade gestite e 16 miliardi di investimenti. Il bilancio riportato in attivo dal 2008, compreso quello del 2014: in utile per 18 milioni. Nessuna implicazione nelle grandi inchieste, compresa l’ultima, la «Sistema», di cui ha compulsato le 270 pagine di verbale: «Su noi nemmeno un’intercettazione». Eppure. «Eppure in questo momento sembro il responsabile di ogni nefandezza, colpa di una strana congiuntura astrale, dell’insolita concentrazione di diversi incidenti in tre mesi». L’ultimo in Sicilia: due piloni di un viadotto della Palermo-Catania che cedono, causando la chiusura del tratto. Tutto da rifare, secondo il ministro Delrio. Il coordinatore della struttura di missione sul dissesto idrogeologico, Erasmo D’Angelis, che dichiara: «Anas e Regione potevano e dovevano intervenire già 10 anni fa». Un’entrata a gamba tesa: «Non mi sono certo dimesso per questo né per i reportage giornalistici». Nel merito? «Anas non ha nessuna competenza sul monitoraggio delle frane, non siamo noi la struttura di missione e non abbiamo ricevuto segnalazioni».
Seconda foto: il viadotto Scorciavacche sulla Palermo- Agrigento. «Che non è crollato, come avete drammatizzato in tanti. C’è stato solo un cedimento del rilevato». A pochi giorni dall’apertura anticipata di tre mesi. «Si tratta di un chilometro su 30 di lavori: avevamo aperto quel tratto a velocità contenuta, su richiesta del contraente generale. Ma dopo 10 giorni il direttore dei lavori si è accorto che c’era qualcosa che non andava e abbiamo chiuso. Due giorni, il crollo». Per fortuna. «C’è stato un errore nella progettazione o nella realizzazione. Anas farà causa anche per il danno di immagine». Anas doveva controllare. «Lo ha fatto: il responsabile del procedimento non si è accorto dell’errore. Su 600-700 cantieri capita». Ciucci nega che l’accelerazione all’apertura fosse legata a un premio per il contraente generale o i dirigenti Anas. «Controllino. Un premio per l’apertura anticipata di un chilometro è assurdo». Chiediamo se su quell’opera Anas aveva operato un ridimensionamento del progetto. «La soluzione scelta era tecnicamente adeguata. Per risparmiare costruiamo un tratto più breve non tagliamo sulla sicurezza».
Terza foto: il crollo della campata del viadotto Italia sulla Salerno-Reggio Calabria. «Di cui abbiamo realizzato 355 chilometri su 443. L’ultimo cantiere, a detta di tutti, un modello. Si stavano eseguendo le operazioni propedeutiche alla demolizione dell’impalcato, quando questo è caduto, travolgendo purtroppo un operaio. Come ho detto: una coincidenza infausta».
Non le viene il sospetto che in alcuni casi i materiali usati non siano quelli previsti dai contratti? «Facciamo tutte le verifiche almeno in contraddittorio con la società appaltatrice: non è che ci viene detto quale betoniera controllare». Qualcuno potrebbe essere indotto a chiudere un occhio: «Sarei presuntuoso se dicessi che garantisco per i 6 mila che lavorano per Anas. Ma non sono emersi episodi di corruzione». Anas come «isola felice» in un mare di «mazzette»? «Se qualcuno ha prove contrarie, parli, o sono chiacchiere da bar. Abbiamo adottato i migliori sistemi di controllo e non operiamo in deroga alla legge».
Perché un manager come lei si autoliquida per 1,8 milioni? «È falso: è stato l’azionista nel 2013 a chiedermi di risolvere il contratto a tempo indeterminato stipulato nel 2006. In caso di risoluzione era previsto un incentivo di 2 annualità di stipendio, come in altre aziende, per importi anche più rilevanti». I manager stipulano contratti da dirigente perché così l’azienda assicura loro i contributi, l’assistenza sanitaria, i premi. «È una pratica che esiste dal tempo dell’Iri». Cosa pensa del tetto di 240 mila euro allo stipendio? «Che alla lunga livella verso il basso: non conviene allo Stato». Perché il governo non l’ha trattenuta? «Delrio ha parlato di”discontinuità necessaria”. È il vigilante: ne ha diritto. Se poi Renzi, che ha tanto da fare, vorrà esprimersi...». E adesso? «Non mi do all’insegnamento. E non sto sereno, mi raccomando».