La Stampa, 22 aprile 2015
Italicum, tutte le opposizioni sull’Aventino. Renzi da solo verso la fiducia. Anche Fi, M5S e Lega lasciano la commissione. E Berlusconi ora può tornare decisivo
«Avanti, su tutto. È tempo di decidere». Renzi non si ferma ma l’Italicum rischia di finire in un pantano. La riforma elettorale è diventata la madre di tutte le battaglie delle opposizioni, anche di quella interna a Pd: potrebbero unirsi nel voto finale a scrutinio segreto qualora il governo dovesse porre la fiducia sui quattro articoli del disegno di legge. Nel segreto dell’urna si sommerebbero i voti di Fi, M5S, Lega, Fdi, Sel e un centinaio di Democratici, mettendo in serio pericolo l’approvazione delle riforma elettorale su cui Renzi punta tantissimo. Il premier è sicuro dei numeri e gioca duro. Ieri ha fatto sostituire in commissione Affari costituzionali dieci deputati dissidenti del Pd con altrettanti fedelissimi. Tra i «deportati», come li ha chiamati il capogruppo Brunetta, ci sono Bersani, Cuperlo, Bindi, D’Attorre, Pollastrini. La mossa di Renzi ha provocato l’abbandono della commissione da parte delle opposizioni che hanno accusato il premier di essere autoritario, di restringere gli spazi democratici. Uno strappo che preoccupa il presidente della Camera Boldrini. «Abbiamo già vissuto con la riforma del Senato un epilogo poco felice arrivando al voto con metà dell’emiciclo vuoto: mi aspetto che non si arrivi a questo».
Rischio palude
Il premier non intende farsi fermare all’ultimo miglio. «La proposta è stata sempre votata a stragrande maggioranza nell’assemblea nazionale, in direzione e nei gruppi parlamentari del Pd. È stata approvata anche dai senatori di Forza Italia. Fermarsi oggi significherebbe consegnare l’intera classe politica alla palude e dire che noi siamo uguali a quelli che si sono fermati prima del traguardo. Ma noi non siamo così». Renzi non accetta lezioni di democrazia visto che le regole della democrazia prevedono il rispetto delle decisioni prese a maggioranza e non la prevalenza delle minoranze». Il vicesegretario del Pd Guerini parla di «cagnara» e il ministro Boschi cerca di mettere in difficoltà Berlusconi e Brunetta. «Sono le opposizioni a non avere dimestichezza con le regole della democrazia. E chi oggi ha invocato il voto segreto – attacca Boschi – forse ha l’imbarazzo di non votare la stessa legge elettorale che ha votato in Senato». «Cara Boschi – le risponde Brunetta – tu non vuoi il voto segreto perché temi di andare a casa. I tempi dei imbrogli sono finiti. Renzi non ha più la maggioranza».
L’ultima mediazione
Il clima nel Pd è esacerbato. D’Attorre avverte Palazzo Chigi che se viene messa la fiducia si entra in una terra incognita e non si sa dove si va a finire. Renzi infatti dovrà fare bene i conti. Se le opposizioni saliranno sull’Aventino anche in aula, ad ogni votazione si rischia la mancanza del numero legale. Ancora peggio nel caso in cui si sommassero tutti i nemici del premier al voto finale a scrutinio segreto. Il premier sta tentando l’ultima mediazione: valuta l’ipotesi di non mettere la fiducia, consentendo il voto e la discussione degli emendamenti della minoranza Pd. Purché il testo non venga cambiato.