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 2015  aprile 22 Mercoledì calendario

A proposito dell’esclusione della minoranza Pd dalla Festa dell’Unità di Bologna. Sarebbe grottesco rimpiangere i riti melmosi della Prima Repubblica, ma democristiani e comunisti avevano un altro stile. Moro e Fanfani si pugnalavano dietro le quinte, però a nessuno dei due sarebbe mai venuto in mente di escludere il rivale da una cerimonia ecumenica del partito

L’associazione partigiani di Alessandria decide di celebrare il 25 aprile con Cofferati. Ma la sindaca Rossa, che a dispetto del cognome è renziana, pone il veto sull’ex sindacalista e propone Boschi o Pinotti. I partigiani resistono e non se ne fa nulla. Intanto a Bologna parte la Festa dell’Unità dedicata alla Liberazione, dove non risultano invitati gli esponenti della minoranza: Cuperlo, Civati, Speranza, persino Bersani.
Sarebbe grottesco rimpiangere i riti melmosi della Prima Repubblica, ma democristiani e comunisti avevano un altro stile. Moro e Fanfani si pugnalavano dietro le quinte, però a nessuno dei due sarebbe mai venuto in mente di escludere il rivale da una cerimonia ecumenica del partito. E nel Pci il «centralismo democratico» obbligava i capi delle varie correnti invisibili a sedere sullo stesso palco, applaudendo ritmicamente le prolusioni sterminate del Signor Segretario. Ipocrisie, certo. Ma la vita politica (e non solo quella) è fatta di forme che rivestono una sostanza: la ricerca delle ragioni profonde per cui si sta insieme, pur facendosi ogni giorno la guerra. Nel Partito democratico queste ragioni semplicemente non esistono. Nemmeno la Resistenza, a quanto pare, lo è. Chi vince le primarie emargina gli sconfitti. Lo ha fatto Bersani, e ora Renzi. Colui che afferra il volante si proclama diverso, ma poi anche lui seleziona i compagni di viaggio in base al tasso di fedeltà. Dimenticandosi che alla lunga in politica (e non solo in quella) sono sempre i più fedeli a tradire.