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 2015  aprile 21 Martedì calendario

Bergamo, quel patto fra l’Atalanta e gli ultrà. In 40 si pentono e la società li perdona ritirando la denuncia: «Faranno volontariato alla Caritas»

Niente favori agli ultrà. «Nessun cedimento, mi ribello con forza a questa idea», afferma il direttore generale dell’Atalanta Pierpaolo Marino. La squadra bergamasca ha ritirato la querela nei confronti dei tifosi che nel 2010 assaltarono il centro sportivo di Zingonia. Faranno i volontari con la Caritas, grazie a un accordo raggiunto dall’attuale presidente Antonio Percassi che ha rimesso la querela presentata dalla gestione del suo predecessore Ruggeri. Ma «non abbiamo subito nessun tipo di pressione, abbiamo solo aderito a un percorso di pentimento e redenzione», assicura Marino.
MOSSA A SORPRESA
La mossa a sorpresa è arrivata ieri mattina, poco prima che il giudice entrasse in camera di consiglio per emettere il verdetto del maxiprocesso a carico dei tifosi nerazzurri: per 143 ultrà (87 bergamaschi e 56 catanesi) imputati per diversi reati commessi tra il 2006 e il 2012 le condanne complessive sono ammontate a 47 anni, 10 mesi e 10 giorni di reclusione e risarcimenti per quasi 90 mila euro (contro i 166 anni richiesti dal pm). Ma tutti i 40 supporter a processo per l’assalto al quartier generale atalantino, il Centro Bortolotti di Zingonia sono stati assolti. Una decisione indipendente dall’accordo tra gli ultrà e l’Atalanta, poiché secondo il giudice non c’è stata violazione di domicilio. Per molti altri capi d’accusa invece sono state accolte le richieste del pm Carmen Pugliese. La pena più alta è quella del capo della Curva Nord bergamasca, Claudio Galimberti detto”Bocia”: tre anni per violenza, minacce e oltraggio a pubblico ufficiale (dopo Atalanta-Catania), danneggiamento, cinque violazioni del daspo e un’ aggressione.
«MEA CULPA»
Nonostante l’assoluzione per il blitz a Zingonia, i tifosi faranno comunque i volontari alla Caritas. «Dopo la sentenza i loro avvocati hanno confermato la decisione – spiega Marino – È la direzione giusta, l’obiettivo è portare questi ragazzi verso il recupero civile. Tenendo anche conto che 38 di loro risultavano incensurati: l’Atalanta ha dato la sua disponibilità anche per non macchiare la fedina penale, visto che si trattava di fatti di entità trascurabile, di vecchia data, avvenuti sotto un’altra gestione. E che alla fine lo stesso giudice non ha considerato di rilevanza penale».
La società ha deciso di ritirare la querela il 18 marzo, dopo aver ricevuto una lettera di pentimento dei quaranta ultrà. La missiva «conteneva passaggi sinceri e toccanti: si sono offerti di venire a Zingonia e lavorare gratis per riparare i danni. Noi abbiamo accettato, anche perché non si era andati oltre qualche petardo e uovo marcio. Ma abbiamo preferito girare l’offerta alla Caritas, che ci ha risposto sì il 23 marzo». La firma dell’accordo è arrivata alla fine della scorsa settimana, «ecco perché è stato reso noto solo stamattina». Il «mea culpa» degli ultrà che traspare dalle righe della lettera pare sincero. Si scusano per un «comportamento che ha illuminato un lato della nostra personalità che non ci appartiene» e ammettono: «Abbiamo sbagliato tutto. L’approccio, il comportamento, le azioni. Abbiamo mancato di rispetto all’Atalanta». Mettono «a disposizione alcune ore del nostro tempo libero» e concludono chiedendo «la possibilità di rimettere la querela nei nostri confronti». Proposta accettata dalla società.