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 2015  aprile 21 Martedì calendario

Crisafulli stravince a Enna con il 73% ma il Pd non ci sta. «Non possiamo sostenerlo, è impresentabile», così Guerini al segretario siciliano Raciti. E l’aspirante sindaco risponde: «È la terza volta che vinco le primarie. Non aspiro di certo a un abbraccio ma Renzi rispetti le regole della democrazia»

la Repubblica
Nella città dove si è sempre vantato di vincere «anche a sorteggio» stavolta non ha maramaldeggiato. Ma lo scontatissimo successo di Vladimiro “Mirello” Crisafulli alle primarie di Enna ha comunque riacceso le polveri nel Pd. Perché dal Nazareno, all’indomani dell’ultima performance dell’ex senatore, è partito un chiaro avvertimento rivolto ai dirigenti regionali del partito: «Non possiamo sostenerlo».
Una presa di posizione che Lorenzo Guerini, il vice di Renzi, ha espresso ieri mattina al segretario dei dem siciliani Fausto Raciti. È quest’ultimo a confermarlo: «Sì, su Crisafulli mi è stata posta una questione di opportunità». Per essere più espliciti, Guerini ha detto a Raciti che il Pd non può sostenere la corsa al sindaco del dirigente ennese, già escluso dalle candidature alle Politiche, nel 2013, perché “impresentabile”. Ma il giovane segretario si è limitato a demandare la scelta ai circoli locali: «Io, a questo punto, non posso fare più niente. Sarà il territorio a decidere». La speranza (anche una prospettiva concreta?) consiste in una candidatura di Crisafulli appoggiata solo da liste civiche, senza simboli di partito.
Ma per il Pd le amministrative in Sicilia stanno diventando un incubo. Dopo le primarie di Agrigento, annullate in seguito alla vittoria di un candida appoggiato da Forza Italia, ecco esplodere (anzi riesplodere) il caso Enna. Ampiamente prevedibile, in realtà. «Crisafulli? Spero che decida di non presentarsi», aveva detto la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani il 26 marzo. Malgrado ciò, il percorso delle primarie del Comune di Enna è andato avanti regolarmente: l’ex senatore, già coinvolto in diverse inchieste anche di mafia (tutte concluse in modo favorevole all’indagato), è stato lanciato alle consultazioni ai gazebo da un voto unanime pronunciato sia dalla direzione comunale che quella provinciale.
Crisafulli, la scorsa settimana, ha archiviato l’ultima grana giudiziaria: è venuto fuori da un processo per falso in bilancio e truffa aggravata nato nel periodo in cui l’ex parlamentare diessino guidava l’Ato rifiuti di Enna. Un ulteriore tassello alla sua candidatura, anche se l’accusa di truffa è caduta solo per prescrizione. In ogni caso, domenica, il “Barone rosso” ha affrontato il test delle primarie e lo ha superato senza patemi: ha vinto con il 73,7 per cento del consensi. Il suo rivale Dario Cardaci, esponente di Ncd, si è fermato al 26,3 per cento. Una vittoria più che annunciata che non ha però spento le polemiche.
Giuseppe Lauricella, deputato siciliano del Pd, ha riproposto il tema delle alleanze: «Come ad Agrigento, qui si è andati oltre. Non si può estendere il quadro delle forze politiche partecipanti alle primarie fino all’Ncd. Siamo oltre il centrosinistra». Mentre Angelo Argento, membro della commissione di garanzia del partito, anche ieri ha invitato i vertici del Pd a riflettere: «Il problema non è personale, è politico. Crisafulli non può interpretare il nuovo corso del partito».
L’atteggiamento del Nazareno, d’altronde, è chiaro. Ed è di sostanziale gelo nei confronti della candidatura dell’ex senatore. Il quale, dal canto suo, non ha alcuna intenzione di demordere. Già nel 2010 Crisafulli vinse le primarie per il Comune e si ritirò per questioni di opportunità. Ora vuole andare sino in fondo, in una città dove dal 1991 non ha mai perso una sfida elettorale. Ed è pronto a confrontarsi con un avvocato, Maurizio Di Pietro, che è stato capogruppo dei Ds e che poi, entrato fra i dem, è stato espulso per due volte dalla dirigenza vicina a Crisafulli. Di Pietro fu addirittura querelato e finì davanti a un magistrato quando, in un documento politico, scrisse che «i vertici del Pd locale hanno avuto scarsa attenzione ai temi della legalità, consentendo carriere politiche a uomini che hanno comprovati rapporti con la malavita». Il procedimento venne archiviato. E adesso il confronto si sposta dal tribunale alle urne.
Emanuele Lauria
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Corriere della Sera
Gongola e s’annaca, quasi dondola, col suo bulgaro 73 per cento il candidato sindaco del Pd a Enna, Mirello Crisafulli, eletto domenica alle primarie a furor di popolo dem, nonostante i mal di pancia di Renzi, i malumori di Guerini e le reprimenda della Serracchiani sul «barone rosso» considerato «impresentabile» per vicende giudiziarie in verità da tempo chiarite o archiviate.
«Sono le regole della democrazia», sorride gioviale con i suoi cento e passa chili, pronto a rinnovare l’invito al segretario, come nelle scorse settimane. «Se Renzi vuol venire è bene accetto, ma io preferisco abbracciare i miei elettori».
Colpito dall’abbraccio di Renzi con il candidato De Luca, pure lui discusso come lei sulle primarie?

«Non aspiro a tanto. C’è di meglio. Ma ha fatto bene ad andare da De Luca. Nel rispetto delle regole: si vota e si rispetta chi vince».
Renzi stava per andare anche da Casson a Venezia, poi bloccato dalla tragedia del Mediterraneo.
«Sono quelli i problemi reali. Ma anche Casson, spesso suo dissidente, va rispettato».
Come vorrebbe che facesse con lei?
«Se viene lo porto a vedere qualche pilone dell’autostrada crollata e il pilone del Pd di Enna che regge benissimo e non traballa, anche se non è in sintonia con le posizioni del segretario nazionale».
Pesa la distanza della linea politica?
«Non vorrei pensare a una questione personale. Ma siamo l’unica provincia italiana in cui Renzi non ha vinto. Perché ha vinto Cuperlo, alle primarie degli iscritti, a quelle dei cittadini e alle Europee con il 43 per cento in provincia e il 45 in città, a fronte del 41 preso da Renzi nel resto del Paese».
Ha vinto Cuperlo? O Crisafulli?
«Ha vinto un gruppo dirigente, un partito operoso secondo le regole che noi rispettiamo e che vorremmo vedere rispettate da tutti. A Palermo, a Roma, ovunque. Sono d’accordo con Renzi quando ripete che bisogna rispettare le regole. La penso come lui. Ma lui deve fare quello che pensiamo insieme, essere renziano fino in fondo e chiedere il rispetto delle regole anche a se stesso».
Le hanno messo i bastoni fra le ruote nella campagna per le primarie?
«Hanno cercato di scatenarmi addosso un certo mondo allegro che non conta molto».
Restano le voci su precedenti non lusinghieri e perfino contatti con un boss...
«Chiacchiere. È la terza volta che vinco le primarie. Mi bloccarono per una stradella che passa davanti a casa mia, sistemata dal Comune che, secondo alcuni signori del Bene, doveva lasciarla diroccata. Una banalità e un processo finito davanti a un giudice sbalordito mentre interrogava il maresciallo che con candore ammetteva di non avere fatto nemmeno un sopralluogo».
Poi il pasticcio dell’Ato rifiuti...
«Tutti assolti, in parte, per prescrizione perché la magistratura di Enna non ha avuto in 10 anni il tempo di fare il processo. Come se Enna fosse una metropoli e, al confronto, Milano una cosuzza da ridire».
E l’incontro con un boss nella hall di un albergo?
«Chi sapeva che era boss? Voleva un appalto. Gli dissi di farsi i c... suoi, di non immischiarsi in affari che non gli competevano. Semmai, ecco come fare antimafia. Mentre c’è gente che, parlando di antimafia, fa affari e nessuno li fa dimettere perché intoccabili».
Felice Cavallaro