Corriere della Sera, 20 aprile 2015
Una fantamoneta greca per pagare i dipendenti. Emettere dei pagherò, dei pezzi di carta dotati di un valore certo in euro riscuotibili in data futura, per immettere un po’ di liquidità nell’esangue economia di Atene. Questa è l’ipotesi di cui si discute a Francoforte
Come efficacemente riassunto dal governatore della Bce Mario Draghi, il precipitare della crisi greca potrebbe spingere l’euro zona in acque inesplorate. Nessuno dubita che il costo dell’uscita della Grecia dall’unione monetaria sarebbe sopportato in prima battuta soprattutto dai greci. Ma non sfugge neanche che se i mercati si trovassero un’unione monetaria (ritenuta irreversibile) che dopo soli 16 anni perde già il primo pezzo, per quanto periferico e relativamente piccolo, il rendimento richiesto dai mercati sui debiti pubblici degli altri paesi indebitati comincerebbe a includere il rischio del ripetersi dello stesso evento. Il debito pubblico dell’Italia è oggi al 132 per cento, quello del Portogallo è al 128, quello dell’Irlanda è al 123 per cento, quello della Spagna al 93 per cento. Tutti livelli ben più alti di quelli raggiunti nell’estate del 2011; livelli che potrebbero preoccupare i mercati una volta fuori dalle acque esplorate.
Le alternative per mantenere l’eurozona all’interno di acque esplorate non abbondano. Una di quelle che – malgrado il riserbo ufficiale – sembra sia discussa anche a Francoforte è quella di consentire alla Grecia di far ricorso a una moneta parallela senza uscire dall’euro. L’idea sarebbe quella di pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici greci con euro-cambiali, cioè pezzi di carta dotati di un valore certo in euro a una certa data futura. Le euro-cambiali potrebbero anche assumere la forma di certificati di credito fiscale, cioè sconti sul pagamento delle imposte future. In questo modo il governo darebbe rapida attuazione e un seguito concreto alla sua strategia di combattere l’evasione fiscale (i certificati di credito fiscale andrebbero solo a chi paga le tasse).
In ogni caso i detentori delle cambiali potrebbero andare a fare le spesa o pagare i loro clienti o i loro fornitori con le euro-cambiali, naturalmente con uno sconto rispetto al loro valore teorico in euro. Tornerebbe un po’ di liquidità nell’esangue economia di Atene e le aziende potrebbero pagare meno i loro dipendenti e i loro fornitori. Certo, il rischio è che la deflazione interna respinta dalla porta cacciando la troika potrebbe rientrare dalla finestra con la nuova moneta. Con le euro-cambiali – moderne pietre filosofali – si tornerebbe ad una specie di nuova dracma senza che la Grecia esca dall’euro. E i pochi euro rimasti nelle casse del governo potrebbero essere usati per continuare a rimborsare i creditori internazionali e mantenere l’accesso al credito ufficiale.
Anche così, però, qualcosa potrebbe andare storto. I dipendenti e i fornitori greci pagati a valori molto scontati rispetto al valore in euro delle loro spettanze potrebbero ritenere le euro-cambiali solo un temporaneo rinvio di un evento ineluttabile come l’uscita della Grecia dell’euro. Il che porterebbe a un’accelerazione ulteriore nella corsa agli sportelli bancari da parte dei greci. Le banche greche dovrebbero chiedere altri fondi di emergenza a Francoforte che tuttavia avrebbe crescenti difficoltà a concederli non potendo accettare in garanzia le euro-cambiali. E il governo greco sarebbe obbligato a nazionalizzarle per evitarne il fallimento. Con quali soldi, rimane da vedere.
C’è un caso in cui l’introduzione di una moneta parallela ha avuto successo. Nel 1990 il controverso presidente peruviano Alberto Fujimori, dopo un biennio di iperinflazione, introdusse la circolazione parallela del sol – valuta locale – e del dollaro. La doppia circolazione è ancora oggi in essere. Il Perù di oggi si è lasciato Fujimori alle spalle, ha ripreso a crescere e ha debellato l’inflazione. Ma lo ha fatto mantenendo un cambio flessibile tra sol e dollaro, libertà di movimento dei capitali e soprattutto assegnando alla banca centrale peruviana il compito esclusivo di difendere il valore del sol. Tutte condizioni difficili da immaginare nella Grecia di oggi che ha urgenza di ridurre la sua povertà e di ritrovare la crescita ma non ha gli strumenti per farlo né fuori né dentro all’euro.