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 2015  aprile 20 Lunedì calendario

Breve ritratto di Dario Nardella, il sindaco più amato d’Italia oggi. Renziano a 24 carati, ma autonomo. Non ha paura di alzare i toni verso il Governo se serve. L’ultima volta l’ha fatto pochi giorni fa, quando ha giudicato «insostenibili» i tagli serviti dalla manovra alla Città metropolitana di Firenze: «Ci obbligano ad aumentare le tasse, e non basterebbe neppure»

Renziano a 24 carati, ma autonomo. Non è facile giocare un ruolo del genere, soprattutto quando una leadership forte porta con sé un forte carico di omologazione, ma Dario Nardella ci tiene a mantenere una voce propria, evitando rischi di clonazione con il predecessore illustre, e non si preoccupa di alzare i toni verso il Governo se serve. L’ultima volta l’ha fatto pochi giorni fa, quando ha giudicato «insostenibili» i tagli serviti dalla manovra alla Città metropolitana di Firenze: «Ci obbligano ad aumentare le tasse, e non basterebbe neppure». Sul pedigree renziano di Nardella, coetaneo del premier, campano di nascita ma fiorentino fin nell’accento, nessuno ha dei dubbi, anche se i suoi primi passi politici si muovono più a sinistra. Entrato in consiglio comunale con i Ds (e con un pizzetto che lo rende quasi irriconoscibile rispetto a oggi), Nardella ha fatto il primo passaggio a Roma come consigliere giuridico di Vannino Chiti, ministro delle Riforme nel secondo Governo Prodi. Proprio la mancata candidatura di Chiti a Palazzo Vecchio, raccontano gli annali di cose fiorentine, ha spianato la strada al futuro rottamatore, a cui un secondo mandato in Provincia andava strettissimo, ma anche al ticket con Nardella che ha caratterizzato gli anni del Renzi sindaco. In giunta Nardella ha seguito in varie fasi parecchie deleghe, dal bilancio allo sport, ma soprattutto ha occupato la casella di vicesindaco che lo ha reso il naturale successore del premier: l’82% raccolto alle primarie ha fatto il resto. Più mediatore rispetto al premier (celebri i suoi caffé con Brunetta per trattare sulla legge elettorale nell’anno passato in Parlamento), Nardella evita anche i tic linguistici e le frasi fatte tipiche di tanto renzismo da talk show: e i fiorentini, almeno per ora, sembrano apprezzare.