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 2015  aprile 20 Lunedì calendario

Si apre oggi per l’Unione Europea una settimana difficilissima. Due i nodi principali: la crisi della Grecia e l’accordo di collaborazione economico-commerciale con gli Stati Uniti noto come Ttip. Nessuno pensa più che la debolezza greca possa davvero affondare l’euro, ma può indebolirlo fortemente. Il «trattato fantasma» con gli Usa invece implica uno scontro di principi giuridici e culturali

Si apre oggi per l’Unione Europea una settimana difficilissima. Sulle lucide scrivanie della Commissione europea sono infatti approdate due patate bollenti: quella, ormai molto nota, dei rapporti economico finanziari con la Grecia, e quella, relativamente nuova, dei rapporti economici con gli Stati Uniti.
Con la Grecia di Tsipras sono finiti i tempi dei sorrisi di facciata che celano differenze profondissime nel modo di concepire la politica economica e il bilancio pubblico. Il duro documento della Commissione di giovedì scorso, di «insoddisfazione» per le proposte greche, sono la premessa perché, nella riunione del’Eurogruppo di questa settimana, le carte vengano definitivamente messe in tavola.
Da queste carte si dovrà constatare che il governo greco è senza soldi e l’Europa è senza idee.
Nessuno pensa più che la debolezza greca possa davvero affondare l’euro. Ma può indebolirlo fortemente. E proprio per questo si sta facendo strada la convinzione che è tempo di guardare oltre le alternative semplicistiche di una Grecia «salvata» o «non salvata» e studiare percorsi più articolati per avviare a soluzione questa crisi incancrenita. A tale scopo, la Grecia dovrebbe abbandonare pratiche inaccettabili all’Unione, a cominciare da un’evasione fiscale di dimensioni semplicemente intollerabili e addirittura scritta nella Costituzione (che garantisce agli armatori ellenici di non pagare alcuna imposta in patria). Il progetto di maggiore equità sociale di Tsipras deve essere trasformato in un programma necessariamente di lungo termine e necessariamente scomodissimo per una parte considerevole della società greca.
Una soluzione possibile, affiorata nelle ultime settimane, consiste nella temporanea adozione da parte di Atene di una sorta di bimonetarismo: all’euro come moneta principale potrebbero essere associati «biglietti del Tesoro» con cui il governo potrebbe finanziare progetti di cambiamento economico-sociale e che cittadini e imprese dovrebbero utilizzare obbligatoriamente per pagare le imposte (il cui gettito deve aumentare con l’emersione della gigantesca economia irregolare greca). Questo uso obbligatorio dei «biglietti» ne determinerebbe una domanda non piccola e impedirebbe una svalutazione eccessiva dei biglietti stessi nei confronti dell’euro. Solo quando la finanza pubblica greca fosse davvero stabilizzata – ossia quando le entrate correnti coprissero davvero e stabilmente le uscite correnti – sarebbe possibile concedere alla Grecia un riscadenziamento del suo debito e si farebbe a meno dei «biglietti».
Non si tratta di cosa semplice, ma nell’attuale situazione greca nulla è semplice. E se mai la Grecia dovesse decidere di uscire dall’euro (una procedura in ogni caso lunga e complicata), parallelamente alla stampa della nuova dracma, Atene dovrebbe procedere alla stampa delle tessere di razionamento: dietro all’insostenibilità finanziaria c’è una più vasta insostenibilità economica di un Paese che vive soprattutto di turismo e non si sta davvero ponendo – come quasi tutti i Paesi europei, del resto – il problema del proprio futuro economico oltre l’emergenza.
La seconda patata bollente approdata sul tavolo di Bruxelles riguarda l’ampio accordo di collaborazione economico-commerciale con gli Stati Uniti noto con il nome di Ttip. Una decisione è diventata più urgente perché un analogo accordo è in dirittura d’arrivo tra gli Stati Uniti e una quindicina di Paesi asiatici e perché il presidente Obama vuole portare a casa qualche risultato prima che la campagna elettorale per la sua successione cominci per davvero e impedisca un vero dibattito.
Tenuto a lungo pressoché nascosto dalla burocrazia europea, e per questo bollato come «trattato fantasma» dai suoi oppositori, questo accordo implica, prima ancora, e forse più ancora, che uno scontro economico, uno scontro, o meglio un confronto, di principi giuridici e culturali.
Sul piano giuridico, gli europei sono più che riluttanti a considerare, in caso di controversie, allo stesso livello gli Stati e le grandi imprese e ad affidare la soluzione delle controversie stesse a un tribunale sostanzialmente privato; sul piano culturale, nessuno rinuncerà facilmente ai valori legati ai propri prodotti e modi di produzione.
I produttori del parmigiano a esempio, sono (giustamente) gelosissimi delle loro antiche ricette e dei loro moderni caseifici e reclamino l’uso esclusivo del marchio; i produttori americani reclamano il diritto di vendere in Europa la loro carne bovina, allevata con mangimi che contengono ormoni, visto che, secondo un pronunciamento della Wto, non fa male alla salute. Gli europei difficilmente rinunceranno alla tradizione, gli americani difficilmente rinunceranno al diritto di innovare.
Il confronto, che avrebbe dovuto essere aperto si è invece svolto nel chiuso delle commissioni tecniche. In realtà il problema è politico e riguarda il tipo di rapporti che europei e nordamericani vogliono avere tra di loro in un mondo che non accetta più la superiorità dei loro modelli; gli effetti economici, per quanto sicuramente positivi, sarebbero relativamente secondari, anche se non insignificanti, nel breve periodo.
Il problema è proprio questo: oltre il breve periodo né l’Europa né gli Stati Uniti sembrano volersi muovere, come mostra l’assenza di un vero approfondimento dei grandi temi mondiali, dalle guerre di religione che sono di nuovo tra noi alle migrazioni che colpiscono l’attenzione di tutti, a cominciare da Bruxelles, solo in occasione dei naufragi con centinaia di morti nel Canale di Sicilia.
Se Bruxelles e l’Unione Europea devono avere un futuro, occorre iniziare dalle patate bollenti e dai grandi temi di lungo periodo. Perché non cominciare proprio in questa settimana?