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 2015  aprile 17 Venerdì calendario

Montepaschi, dopo 11 ore l’assemblea vota il bilancio 2014 chiuso in rosso per 5,4 miliardi e la ricapitalizzazione da tre miliardi di euro. Alessandro Profumo come presidente ma pronto a lasciare. Isolani nuovo vice. L’ad Fabrizio Viola: «Carte in regola per fusione. Nomura pagherà, abbiamo prove»

L’ultima assemblea di Alessandro Profumo come presidente del Monte dei Paschi di Siena è una maratona di 11 ore. Tanto serve ai soci per votare il bilancio 2014 chiuso in rosso per 5,4 miliardi, la connessa ricapitalizzazione da 3 miliardi che partirà a fine maggio, e un cda che conferma l’ad Fabrizio Viola e il presidente uscente, ma vede entrare nomi nuovi e sette donne su 14 elementi.
Con circa il 30% del capitale presente, la giornata vive delle decine di interventi dei soci, spesso critici. E con le risposte puntute dei manager. Anche sul caso Nomura: «Pagherà, chiederemo il risarcimento. Abbiamo le prove».
A tenere banco è il processo di aggregazione, chiesto dalla Bce per rafforzare il patrimonio dei senesi e far loro ritrovare la redditività. La prospettiva indispettisce i soci locali, mentre l’ad Viola parla della prossima fusione come di un’opportunità: «Credo che ci sarà un futuro migliore e anche in una fase delicata farsi trovare col vestito stirato e le carte in regola possa rappresentare un’occasione vera e profittevole, non un problema».
Su trattative di sorta, l’ad ha detto: «Dopo l’aumento ce ne occuperemo di più, per ora abbiamo detto che vogliamo fidanzarci ma siamo single». Oltre al vestito però ci vorrà qualcuno che lo indossi nel ruolo delicato di raccordo tra gli azionisti e le istituzioni.
La questione del dopo Profumo è in agenda, dato che l’ex Unicredit lascerà chiuso l’aumento che dovrebbe partire a fine maggio e chiudere a giugno. «Io non mi sono candidato – ha risposto a un socio che gli chiedeva lumi – mi è stato richiesto di accompagnare la banca per l’aumento e per identificare chi mi dovrà succedere. Temo che le mancherò visti gli accidenti che mi ha attirato in questi anni, ma ci sarà un altro con cui ve la potrete prendere». La Fondazione Mps, in assemblea con il 2,5%, lavora alla successione: «Abbiamo dato mandato congiunto ai cacciatori di teste, valuteremo con i pattisti ha detto il presidente Marcello Clarich – Stiamo andando a esplorare alcune soluzioni in perfetto accordo. Ci sono già nomi». Anche se la crisi della banca s’è riflessa «con severità», sulla Fondazione, che ha decimato il patrimonio dai 5,4 miliardi del 2010 ai 514 milioni della proposta 2014 in esame a fine mese, Clarich ha aggiunto che «la Fondazione continua ad avere a cuore il destino della banca, il suo risanamento e il suo futuro». L’ex socio forte deciderà tra un mese.
Ieri l’assemblea ha poi nominato i nuovi consiglieri. Affianco al duo di vertice ci sarà un solo vice presidente: Roberto Isolani (Btg Pactual); chiudono la lista dei tre pattisti – che ha avuto il 71% dei voti – Fiorella Kostoris, Fiorella Bianchi, Christian Whamond, Lucia Calvosa. Quanto ai posti delle minoranze, la vistosa assenza della lista Assogestioni – malgrado Mps sia l’emittente che ha chiesto più soldi a Piazza Affari da anni – ha favorito il filotto della lista dell’imprenditore Alessandro Falciai, che con solo l’1,7% ha avuto il 15,87% dei voti e nominato quattro consiglieri: con lui, Stefania Baratti, Daniele Bonvicini, Maria Cappello. Terzo posto per la lista Axa (che ha il 3,17% delle quote e ha preso il 12% dei voti) e nomina Beatrice Derouvroy, Antonino Turicchi, Stefania Truzzoli.
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La chiusura dell’operazione Alexandria si concretizza sempre più. Oggi emissari legali del Monte e di Nomura s’incontreranno a Milano, «per scambiarsi un’ingente quantità di materiale istruttorio». L’informazione è in una lettera firmata da Profumo e Viola, che la scrissero il 18 febbraio ai pm milanesi titolari dell’inchiesta su Alexandria, con profili di falso in bilancio e aggiotaggio. L’incontro, vi si legge, avviene dopo «primi contatti informali per quantificare la base negoziale di un’eventuale transazione». Quando i giapponesi chiesero un quantum per transare, Mps rispose che intende «eliminare ogni assorbimento di capitale e senza costi per la banca».
Sembra che l’esborso per azzerare l’operazione sia di 850 milioni per Mps, con impatto di 450 milioni sul conto economico, e «quasi nessuna conseguenza sul patrimonio Cet 1», ha aggiunto la banca in una nota. I senesi ritengono di aver pagato già abbastanza per la sciagurato contratto con cui la gestione Mussari nascose 220 milioni di sporco sotto il tappeto dei conti 2009. E ieri sera lo hanno ribadito. «La Bce ha richiesto a Mps di rientrare entro il 26 luglio nei limiti regolamentari dell’esposizione con Nomura – che dedotte le perdite 2014 eccede il 25% del patrimonio di vigilanza – Il rientro può avvenire con diverse possibilità. Tra queste, la chiusura anticipata, in tutto o in parte, di Alexandria».
Ma per fare questo servirà un’intesa con la controparte giapponese, che ha alcuni argomenti a proprio favore. Tra questi, un contratto firmato, un giudice a Londra chiamato a esprimersi sulla reale natura di derivato del congegno composto da 3 miliardi di Btp, comprati da Nomura e consegnati a Mps, che glieli ha ridati a pronti, non prima di aver swappato le cedole a proprio sfavore (Nomura ne intasca le cedole a tasso fisso, e paga a Siena un variabile annichilito), oltre a una garanzia d’oro che le viene da un finanziamento da 2,2 miliardi al tasso dello 0,08% fino al 2034. Neanche Siena fosse la Bce. Anche i giapponesi, però, hanno voglia di togliersi la macchia Nomura di dosso; tanto più dopo che il loro ex trader Raffaele Ricci, regista dell’operazione, è stato colto dai magistrati milanesi in un versamento di quasi un milione, su conti di Singapore, all’ex capo della finanza senese Gian Luca Baldassarri. Ricci aveva avuto un bonus da 10 milioni nel 2010, l’anno dopo l’operazione. «Dopo le transazioni poco chiare di denaro emerse nell’indagine di Milano – ha detto Profumo ai soci voglio dire con fermezza che noi ci consideriamo i danneggiati, e stiamo ricalcolando il danno. Se c’è qualcuno che deve preoccuparsi non siete voi, ma i soci di Nomura». Mps conta di mitigare l’esborso di mercato con cospicui risarcimenti danni. Già nel marzo 2013 aveva chiesto, in sede civile a Firenze, un miliardo ai giapponesi per Alexandria: oggi medita di far lievitare la richiesta «a un euro meno della causa per lite temeraria», dicono ai piani alti della Rocca. Lo schema resta cucinare a fuoco lento la patata Alexandria, per minimizzarne l’impatto, al termine di «una complessa fase di discovery che occuperà tutto il 2015», si leggeva nella lettera ai pm di febbraio. Tuttavia, se la Bce non ritenesse che sono subentrati «provati impedimenti legali come conseguenza delle cause civili e penali in corso», non defletterà dal diktat di far chiudere Nomura entro il 26 luglio. E potrebbe ottenere la cancellazione del rischio Alexandria con metodi più bruschi. Per esempio forzando Mps a considerare il congegno – che replicava un Cds sintetico venduto ai giapponesi contro il default Italia – come un derivato tout court. Da questo seguirebbe la riscrittura del bilancio Mps e la copertura del rischio Alexandria comprando un rischio uguale e contrario da altre controparti, sul mercato.