La Gazzetta dello Sport, 16 aprile 2015
Scriviamo alle 11 di sera mentre è ancora in corso l’assemblea dei deputati Pd. C’è tuttavia poco da sapere sulle conclusioni, oltre alle dimissioni di Roberto Speranza dal ruolo strategico di capogruppo: le posizioni di ciascuno sono note, l’esito delle votazioni scontato, le uniche incertezze possono riguardare il voto o i voti a scrutinio segreto con cui l’aula darà l’ok alla legge

Scriviamo alle 11 di sera mentre è ancora in corso l’assemblea dei deputati Pd. C’è tuttavia poco da sapere sulle conclusioni, oltre alle dimissioni di Roberto Speranza dal ruolo strategico di capogruppo: le posizioni di ciascuno sono note, l’esito delle votazioni scontato, le uniche incertezze possono riguardare il voto o i voti a scrutinio segreto con cui l’aula darà l’ok alla legge. Ma per questi voti c’è tempo fino alla metà di maggio e da oggi ad allora possono ancora accadere parecchie cose.
• Sa che non ha ancora detto di che cosa sta parlando?
Sto parlando dell’Italicum, cioè della legge elettorale voluta da Renzi e che è ormai in dirittura d’arrivo. Il premier-segretario pretende che sia approvata prima delle regionali, in modo da avere lo strumento per andare alle urne se il voto delle regionali provocasse smottamenti tali da rendere obbligatorie le elezioni anticipate. Con la legge elettorale in mano, inoltre — una legge che, parliamoci chiaro, in questo momento gli assicura la vittoria — il potere dialettico di Renzi nei confronti di tutti gli avversari interni ed esterni sarebbe enormemente accresciuto. Non sto parlando solo della minoranza democratica. Sto parlando anche della destra, e segnatamente di Forza Italia che rischia di uscire dalla prova ancora più a pezzi di quanto non sia adesso. Tra l’altro, l’ultima che si sente raccontare da quel lato è che Marina non sarebbe d’accordo sulla posizione presa dal padre nei confronti di Fitto. Marina vorrebbe che le fratture interne fossero ricucite, che il partito restasse unito. È una posizione che mette la prima erede dell’impero in conflitto col cerchio magico (Pascale-Mariarosaria Rossi).
• Torniamo ai deputati del Pd, riuniti mentre noi chiacchieriamo.
C’è questa minoranza del partito, piuttosto consistente, si parla di più di cento deputati, che rifiuta l’Italicum così com’è, in particolare la storia dei capilista bloccati che darebbero vita a un parlamento per due terzi deciso dalle segreterie dei partiti. I capilista bloccati sarebbero dominanti soprattutto nelle liste perdenti, cioè nelle liste di quelli destinati a ottenere pochi seggi, mentre l’effetto sarebbe meno vistoso nelle formazioni grosse, come il Pd. Dietro questo c’è il no, come abbiamo letto in qualche dichiarazione di ieri, a una legge elettorale che, in pratica, fa eleggere il presidente del Consiglio al popolo. Dietro ancora c’è il tentativo, tutto politico, di fermare l’irresistibile ascesa di Matteo Renzi, che, un colpo alla volta, sta occupando tutte le caselle disponibili.
• Come si chiamano gli oppositori?
Il nome più illustre è quello di Bersani: «Se andate avanti così, non ci sto», ha ripetuto ieri. C’è un’idea, da parte di qualche trattativista, di concedere l’approvazione della legge elettorale alla Camera in cambio di qualche concessione alla riforma costituzionale in calendario al Senato. Bersani è contrario. Altri nomi, tra i più illustri: Civati, Cuperlo, Fassina. Così, il capogruppo Speranza, che prima ha tentato una qualche mediazione, ha ceduto: «Non sono nelle condizioni di guidare questa barca». A un certo punto, ieri sera, la sua componente, Area Riformista, avrebbe perfino lasciato la direzione. In ogni caso, il premier-segretario è sicuro che al momento del voto in Parlamento questi cento, molto divisi al loro interno, si ridurranno a una trentina. Potrebbe effettivamente essergli dato un contentino sulla riforma costituzionale. Al dimissionario Speranza, Renzi, che sembra avere in mano tutti gli assi, ha detto in pratica: «Fai come vuoi, non sono io che ti mando via».
• Quali sono le proposte di Renzi?
Nel discorso di ieri sera, due: l’Italicum non è più modificabile; i parlamentari del Pd sono impegnati a non presentare alcun emendamento alla legge. Qualunque modifica all’Italicum, anche il cambiamento di una virgola, rispedirebbe il provvedimento al Senato, dove i rapporti di forza sono assai meno favorevoli al premier. Ma, nelle parole di Renzi, c’è pure di più, perché dal voto dipenderebbe il futuro stesso dell’esecutivo: «Il governo è legato a questa legge elettorale, nel bene e nel male: si è fatto promotore di un documento firmato dalla maggioranza convinta». In ogni caso, ha incassato il sostegno esplicito di Napolitano ed è pronto a metter la fiducia sull’Italicum, anche se la cosa appare mostruosa ai costituzionalisti più rigorosi (e a tutti i nemici del presidente del Consiglio). Una legge elettorale non dovrebbe mai essere di parte, ed è quindi un ossimoro che sia espressione di un governo e non del Parlamento. E tuttavia, nel 1953, De Gasperi mise la fiducia sulla legge elettorale poi ribattezzata dal Pci «legge truffa« (e che oggi rimpiangiamo).
• Gli altri che fanno?
Sel, Forza Italia e Lega hanno scritto ciascuno una lettera al presidente Mattarella perché scongiuri il pericolo di un voto di fiducia. L’M5S ha preferito aspettare.