la Repubblica, 16 aprile 2015
Le nuove tecnologie creano quasi sempre monopoli o oligopoli nelle mani di chi inventa un mercato, lo occupa e lo presidia. Ecco quindi la sfida delle authority di molti Paesi europei ai colossi del web. E ora entrano nel mirino i padroni dei viaggi on line Booking ed Expedia
Sono passati 104 anni da quando la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò Standard Oil colpevole: era un monopolista che abusava della sua posizione dominante. All’epoca il gruppo di John D. Rockefeller gestiva l’80% delle forniture mondiali di petrolio, un po’ come oggi Google gestisce il 90% delle ricerche in rete in Europa, Booking ed Expedia hanno il 75% delle prenotazioni d’albergo su Internet in Italia o Amazon occupa una quota di mercato negli acquisti sul web che, da sola, supera quella dei suoi dodici concorrenti messi insieme.
Certe realtà non cambiano mai troppo. Le nuove tecnologie creano quasi sempre monopoli o oligopoli nelle mani di chi inventa un mercato, lo occupa e lo presidia. All’epoca era la rivoluzione dei trasporti e dei motori, e Standard Oil usò la sua forza per tarpare le ali a qualunque altro concorrente. Oggi è Internet e la tentazione di chi ne controlla una nicchia, avendone scoperto un nuovo uso, è sempre quella di favorire se stesso e emarginare chiunque altro.
Gli imprenditori che provarono a sfidare Standard Oil, o i giornalisti che cercarono di raccontarla, subirono minacce e pestaggi. Poi però nel 1911 la Corte Suprema costrinse il gruppo di Rockefeller a smembrarsi in sette aziende, le «Sette sorelle». Più di un secolo dopo, i guardiani dell’Antitrust a Roma, a Parigi, a Bonn, a Stoccolma o a Bruxelles non rischiano lo stesso trattamento a cui andava incontro chi dispiaceva a Rockefeller. Una delle rare e velate minacce in questi giorni riguarda semmai i dipendenti della stessa Google, che una mail dell’azienda ieri ha invitato a tacere: «Tu puoi dare una mano – recita il messaggio in primo luogo evitando di commentare su casi legali aperti, all’interno o all’esterno».
Ma la sfida ai campioni delle tecnologie è sempre delicata e tutto lascia pensare che questi siano solo gli inizi. Salvo sorprese, il 21 aprile se ne vedrà una nuova tappa quando Booking e Expedia, i due colossi delle prenotazioni alberghiere in rete, dovranno offrire concessioni alle Antitrust di Italia, Francia e Svezia. In modo coordinato, le tre autorità (quella di Roma, guidata da Giovanni Pitruzzella) stanno ottenendo dai due gruppi degli «impegni» in modo da ridurre la pressione che entrambi esercitano sull’economia reale. Si tratta di due colossi le cui holding sono basate negli Stati Uniti. Priceline, che gestisce marchi come Booking.com o Rentalcars.com, fattura oltre 40 miliardi di euro (circa come la prima banca italiana), e permette di accedere a mezzo milione di hotel in duecento Paesi. Expedia offre prenotazioni in circa 250 mila alberghi e fattura oltre 30 miliardi. Entrambi sono stati accusati di impedire agli alberghi di praticare prezzi più bassi di quelli offerti sul loro sito (pena l’esclusione dalle liste) e di imporre commissioni di prenotazione mai inferiori al 15%. Per Paesi che dipendono in buona parte dal turismo, è un onere equivalente a quello del petrolio venduto sovrapprezzo da Rockefeller.
Martedì prossimo Italia, Francia e Svezia dovrebbero accettare i «rimedi» offerti da Booking e Expedia, e così chiudere il caso. L’Antitrust tedesca potrebbe invece rifiutare il compromesso e procedere a multare i due gruppi americani. Comunque finisca, è chiaro fin da ora che si tratta solo di un primo passo. I guardiani dell’Antitrust in tutta Europa raccolgono ormai aziende Google, Booking o Amazon in una categoria a sé: le chiamano «Over the Top», i gruppi al di sopra di chiunque altro per la pervasività della loro presa sui mercati attraverso Internet. La loro penetrazione a partire dal web sull’economia reale è così efficace che sono in grado di emarginare e soffocare qualunque impresa non digitale che non stia alle loro condizioni. Microsoft cercò di farlo negli anni ’90 e all’inizio di questo secolo, imponendo a tutti i computer montati con il suo sistema operativo (il 90% di tutti quelli venditi) anche il lettore audio e video della casa. La Commissione europea la multò per questo, ma oggi l’azienda fondata da Bill Gates è un’ombra del monopolista che fu. L’innovazione di software come Chrome o Android di Google, iOS di Apple e vari altri l’ha spiazzata e indebolita. Nell’inseguimento fra monopolisti innovatori e regolatori che contrastano i loro abusi, spesso è la trasformazione tecnologica stessa a correre più veloce di chiunque altro.