Il Tempo, 15 aprile 2015
La strage di Duisburg del 2007 fu realizzatacon armi militari. Dalle indagini è emerso che a sparare furono due pistole delle forze armate. Le Berette 93r erano destinate ai poliziotti che combattevano il terrorismo
Più di cinquanta colpi esplosi in una manciata di minuti. Una potenza di fuoco terrificante che ha lasciato sul selciato sei vittime e che ha trasportato il fenomeno ’ndrangheta dal colore regionale in cui era recluso a fenomeno mondiale. Era il Ferragosto del 2007 e a pochi metri dal ristorante «da Bruno», a Duisburg, nel nord della Germania, Giovanni Strangio e i suoi accoliti lavarono con il sangue la morte di Maria Strangio, parente del boss uccisa «per sbaglio» nella notte di Natale del 2005 nell’ambito della faida di San Luca, in provincia di Reggio. Ora a distanza di quasi 10 anni dalla strage in cui rimasero vittime Marco Marmo, Francesco e Marco Pergola, Tommaso Francesco Venturi, Francesco Giorgi e Sebastiano Strangio, i giudici di primo grado del tribunale dello Stretto hanno fatto luce su quella notte terribile. E le conclusioni dei togati lasciano sgomenti. A esplodere i colpi che chiusero, di fatto, una delle faide più violente della storia, furono due pistole particolari: due Beretta 93r costruite negli anni bui del terrorismo e destinate a, pochi e selezionati, poliziotti che si occupavano delle bande armate (nere e rosse) che avevano dichiarato guerra allo Stato. I rilievi della polizia tedesca e i controlli incrociati delle forze dell’ordine italiane non lasciano dubbi, a esplodere i 54 colpi che fecero capire che la virtuosa Germania non fosse affatto estranea alle infiltrazioni ndranghetiste furono due pistole «mitragliatrici» prodotte in numero limitatissimo: «La pistola 93 r – scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza di primo grado che ha condannato strangio a oltre 4 anni di reclusione per porto di arma da guerra (sentenza che si aggiunge all’ergastolo che attende il sigillo della Suprema corte per la strage) – è un’arma semiautomatica con possibilità di sparare brevi raffiche di tre colpi; di dimensioni maggiori rispetto a una Beretta 92, con un’impugnatura che consente di tenere l’arma con entrambe le mani, soprattutto durante il funzionamento automatico; destinata in Italia, a essere utilizzata dalle Forze Armate e classificata come arma da guerra è stata prodotta in un numero ridotto di esemplari (circa un centinaio)». Di questo sparuto numero di pericolosissime armi da guerra (praticamente un piccolo mitra che si può tenere in una normale fondina), almeno due – che non sono mai state ritrovate dagli inquirenti e a cui si è risalito grazie all’esame dei bossoli ritrovati in Germania – erano nella disponibilità di una delle cosche (quella dei Nirta – Strangio ) più potenti e pericolose dell’intero panorama criminale italiano. «Da nostre ricerche pare che la Beretta – raccontano gli avvocati di Strangio, Danilo Peretti e Isabella Dore – abbia secretato gli elenchi dei possessori delle armi. Per Strangio speriamo non si spenga la fiaccola della speranza e che i giudici vogliano rivalutare gli elementi indiziari». Un vero e proprio enigma a cui forse i giudici di appello potranno dare una risposta. Per ora rimane il fatto che due armi speciali e acquistate dallo Stato per armare i suoi uomini migliori nella lotta al terrorismo sono state utilizzate per portare a termine una delle stragi più eclatanti della storia.
Era la sera di ferragosto del 2007: all’interno del ristorante pizzeria «da Bruno» i clienti avevano appena abbandonato il locale e, hanno ricostruito gli inquirenti della distrettuale antimafia di Reggio Calabria, nella pizzeria il compleanno di Tommaso Venturi (che proprio quel giorno diventava maggiorenne) si era trasformato in un rito di affiliazione a tutti gli effetti, tanto che nelle tasche del ragazzo venne rinvenuto un santino di San Michele Arcangelo bruciato: uno degli elementi cari ai riti di iniziazione del crimine organizzato calabrese. Quella sera, le sei vittime (riconducibili secondo i pm alla cosca dei Pelle – Vottari in guerra aperta con in Nirta – Strangio dal 1991), fecero appena in tempo a uscire dal locale e a salire nelle rispettive auto prima di venire trucidate dalla pioggia di fuoco esplosa dalle Beretta 93r. Le indagini condotte dalla polizia tedesca in collaborazione con la mobile di Reggio e con l’Interpol di Roma individuarono Giovanni Strangio come possibile esecutore materiale; l’auto utilizzata da Strangio fu individuata in Belgio e Strangio, inchiodato da un identikit che sembra una foto, fu arrestato nel suo nascondiglio in Olanda. Quella sera, dicono le sentenze ancora non definitive, i Nirta – Strangio vendicarono la morte «accidentale» di una giovane mamma colpevole solo di essere parente della persona sbagliata. Una strage senza senso e che, per i giudici di Reggio, è stata compiuta con un arma prodotta solo in un centinaio di esemplari e destinata unicamente alle forze armate.