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 2015  aprile 15 Mercoledì calendario

Con la primavera, è tornata la guerra in Ucraina. Gli attacchi sono ripresi domenica, con le due parti impegnate a scambiarsi accuse reciproche: entrambi gli schieramenti sarebbero tornati ad accumulare armamenti pesanti lungo la linea del cessate il fuoco

Con la primavera, è tornata la guerra. E quel primo punto degli accordi di Minsk, messi insieme nella notte insonne del 12 febbraio dai leader di Russia, Ucraina, Francia e Germania, è di nuovo lettera morta. L’unico appiglio a cui in queste settimane si era aggrappata una parvenza di pace, tra Donetsk e Luhansk; l’unico risultato zoppicante ma tangibile, assieme agli scambi di prigionieri e a una parvenza di ritiro delle armi pesanti (punto secondo) dalla linea del fronte.
Ma già qui sono iniziate le polemiche, poiché si sospettava che tank e mortai in realtà venissero nascosti da qualche parte per tornare sulla scena al momento opportuno. Perché per arrivare a una vera pace nel Donbass bisognerebbe credere nell’attuazione dei punti successivi dell’accordo, quelli che riguardano lo status politico della regione che non vuole più essere Ucraina; che prevedono una riforma costituzionale per Kiev basata sulla decentralizzazione, e iniziano a parlare di ricostruzione, di ricostituzione dei servizi sociali. Quella parte “politica” degli accordi su cui lunedì hanno richiamato l’attenzione i ministri degli Esteri di Russia, Ucraina, Germania e Francia.
Di tutto questo, a due mesi da quella notte di Minsk, non c’è alcuna traccia, mentre la vita degli abitanti di Donetsk e Luhansk si allontana sempre di più da Kiev e si avvicina a Mosca. Nel silenzio, fino a pochi giorni fa. Una tregua che finalmente consentiva ai bollettini quotidiani ucraini di informare ogni tanto che «per oggi non si registrano vittime». Ma le basi della tregua non erano profonde.
Gli attacchi sono ripresi domenica, con le due parti impegnate a scambiarsi accuse reciproche: entrambi gli schieramenti sarebbero tornati ad accumulare armamenti pesanti lungo la linea del cessate il fuoco. Ieri il bollettino più pesante dai giorni di Debaltseve, prima della tregua. Sei morti tra le truppe ucraine, uno nelle file separatiste. Ancora una volta, il cuore degli scontri sono i villaggi attorno all’aeroporto distrutto di Donetsk, e a Sud, sul mare, Shyrokyne, sulla linea del fronte difesa dagli ucraini, prima di Mariupol. È qui che un giornalista russo del canale tv Zvezda, Andrej Lunev, sarebbe caduto su una mina mentre viaggiava insieme agli osservatori dell’Osce, incaricati di monitorare il rispetto del cessate il fuoco. Lunev sarebbe ferito molto gravemente.
La guerra nell’Est dell’Ucraina compie ormai un anno, e conta più di 6.000 vittime. E in questo anno Kiev ha anche visto deteriorarsi sempre di più le condizioni dell’economia, un calo che il Fondo monetario internazionale ha fissato per quest’anno a -5,5%, seppure in miglioramento rispetto al -6,8% del 2014. Il grande problema per il governo ucraino è trovare un accordo con i creditori sulla ristrutturazione del debito, prima di giugno: quando l’Fmi procederà a una revisione del programma di aiuti, finanziamenti per 40 miliardi di dollari.
In tutto questo, la ripresa degli scontri non consente di sperare in una mano da Mosca, a cui Kiev deve 3 miliardi di dollari: gli eurobond acquistati da Vladimir Putin il 20 dicembre 2013, a sostegno di Viktor Yanukovich su cui cominciava ad allungarsi l’ombra del Maidan. Se l’Ucraina non estinguerà il proprio debito, ha avvertito ieri il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov, la Russia si rivolgerà ai tribunali internazionali. Parlava mentre dalla Gran Bretagna arrivava la notizia che tre caccia Typhoons della Raf si erano levati in volo dalla Scozia per intercettare due bombardieri russi, che si erano avvicinati allo spazio aereo britannico. L’ultimo di una serie sempre più lunga di episodi simili: riflesso della tensione tra Russia e Nato, nata dalla crisi ucraina.