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 2015  aprile 15 Mercoledì calendario

Lunghe code e poi momenti di altissima tensione, ieri, davanti al Palazzo di Giustizia del Centro Direzionale di Napoli. Dopo la strage di Milano, il procuratore generale presso la Corte d’Appello, Luigi Mastrominico, aveva deciso di intensificare i controlli imponendo il passaggio attraverso i metal detector anche agli avvocati, al personale e ai magistrati. Un gran caos

Lunghe code e poi momenti di altissima tensione, ieri, davanti al Palazzo di Giustizia del Centro Direzionale di Napoli. Dopo la strage di Milano, il procuratore generale presso la Corte d’Appello, Luigi Mastrominico, aveva deciso di intensificare i controlli imponendo il passaggio attraverso i metal detector anche agli avvocati, al personale e ai magistrati.
Così, ieri mattina intorno alle 11 oltre cinquecento avvocati, molti sin dalle 7 del mattino, erano in fila in via Grimaldi, l’accesso davanti alla Procura di Napoli. La situazione è presto degenerata: un gruppo di avvocati ha tentato di forzare una porta in vetro che si è rotta. Un legale si è sentito male ed è stato soccorso dagli operatori del 118. Mentre quattro agenti sono stati feriti: due della polizia di Stato e due della polizia penitenziaria.
Nel pomeriggio il procuratore generale in Corte d’Appello Luigi Mastrominico, ha disposto che gli avvocati di Napoli potranno accedere a Palazzo di Giustizia esibendo il tesserino dell’Ordine e senza passare per i controlli di scanner e metal detector. I sindacati Cosap (Coordinamento sindacale penitenziario) e Osapp (Organizzazione sindacale autonoma di polizia) hanno espresso ferma condanna per gli eventi che hanno messo in pericolo le forze dell’ordine.
Sul tema della sicurezza nei tribunali, diventato tanto urgente dopo i fatti di Milano di giovedì scorso, si è soffermato ieri più volte il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. «Tra pochi giorni – ha detto – verrà insediato un tavolo di lavoro, al quale parteciperà il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, dedicato alla sicurezza nei tribunali». «Forse in Italia – ha aggiunto Renzi – è troppo facile avere un’arma da fuoco. È necessario un impegno contro la proliferazione delle armi e, nella difesa delle strutture giudiziarie. Dovremo immaginare un diverso modello di tutela per la giustizia e le istituzioni».
Il premier ha fatto visita alla camera ardente allestita nel Palazzo di giustizia di Milano, accompagnato fra gli altri dal ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina e dal prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca. Ha abbracciato la vedova del giudice Fernando Ciampi e la mamma e la sorella dell’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani, due delle vittime della furia omicida di Claudio Giardiello. Renzi ha poi incontrato i vertici del Palazzo di giustizia milanese, il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e il Presidente della Corte d’Appello Giovanni Canzio, alla presenza del sindaco Giuliano Pisapia, a cui a quanto sembra avrebbe detto che il governo garantisce il massimo impegno per realizzare una maggiore sicurezza nei tribunali, a partire da quello di Milano e di aver dato “carta bianca” al ministro della Giustizia Andrea Orlando in vista della riunione che si svolgerà domani al ministero della Giustizia con i procuratori generali delle Corti d’Appello italiane in quanto responsabili della sicurezza.
Infine, Renzi ha incontrato i due carabinieri, Mario Nufris e Luciano Madau, che giovedì, poco dopo il triplice omicidio, hanno recuperato identità, targa del motorino e disarmato l’autore delle uccisioni.
Oggi pomeriggio saranno celebrati i funerali di Stato in Duomo a Milano. Mentre si terranno esequie private per la terza vittima, il cittadino Giorgio Erba. L’amministrazione comunale di Milano ha dichiarato una giornata di lutto cittadino ed ha annunciato che in tutte le sedi comunali saranno issate bandiere a mezz’asta. Ai funerali parteciperanno una delegazione del Csm – con il vicepresidente Giovanni Legnini, il primo presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce, il procuratore della Suprema Corte, Pasquale Ciccolo, il segretario generale Paola Piraccini – e del Consiglio nazionale forense, con il presidente Andrea Mascherin.
Le indagini proseguono: gli inquirenti hanno ricostruito che Giardiello, ha portato a termine il suo piano «con pervicacia non consueta», sistemandosi nell’aula in cui era processato nella condizione migliore per sparare e fuggire. Ha detto “Adesso basta”, poi ha dato inizio alla strage, come scrive il gip di Monza nell’ordinanza di convalida dell’arresto. Giardiello ha esploso in totale otto colpi.