Il Sole 24 Ore, 15 aprile 2015
L’Fmi ha ritoccato leggermente al rialzo le sue previsioni di crescita per il nostro Paese rispetto a gennaio: 0,5% quest’anno e 1,1% il prossimo. «Uno dei problemi dell’Italia è la capacità delle banche di fornire credito, peggiore che negli altri grandi Paesi dell’eurozona» dice però il capo economista del Fondo monetario Olivier Blanchard
«Uno dei problemi dell’Italia è la capacità delle banche di fornire credito, peggiore che negli altri grandi Paesi dell’eurozona». Il capo economista del Fondo monetario, Olivier Blanchard, indica la debolezza delle banche, e quindi la difficoltà di dare credito all’economia reale, come uno dei principali ostacoli alla ripresa italiana.
Ogni valutazione resta peraltro prematura rispetto al possibile impatto sul credito del quantitative easing (Qe) della Banca centrale europea, iniziato solo il mese scorso e che comunque, secondo un sondaggio fra le banche pubblicato ieri dalla Bce stessa, ha già cominciato a manifestare i propri effetti positivi soprattutto sui prestiti alle imprese. L’Fmi ha ritoccato leggermente al rialzo le sue previsioni di crescita per il nostro Paese rispetto a gennaio: 0,5% quest’anno e 1,1% il prossimo. Le stime, che restano in coda al resto dell’eurozona, restano inferiori a quelle più recenti del Governo, rispettivamente dello 0,7% e dell’1,4%. Nell’analisi del Fondo, la ripresa verrà trainata soprattutto da consumi ed export, mentre gli investimenti restano deboli. Le osservazioni di Blanchard contraddicono in parte i dati emersi dal trimestrale sondaggio della Bce fra le banche dell’eurozona. Secondo il sondaggio, le condizioni del credito alle imprese nei grandi Paesi dell’area euro sono migliorate, e, per quanto riguarda l’Italia, in modo sostanziale, anche se restano meno favorevoli che nelle altre maggiori economie. Le banche interpellate hanno dichiarato di aver utilizzato la liquidità addizionale derivante dalla politica monetaria della Bce, compreso il Qe, per fornire crediti. La scelta delle banche di allentare le condizioni dei prestiti dipende, secondo il sondaggio, dalla riduzione del costo di raccolta, ma anche dal miglioramento della situazione dei loro bilanci e dall’accettazione di margini più ridotti. Il sondaggio Bce segnala anche, per l’Italia, una riduzione della percentuale delle imprese la cui richiesta di prestiti è stata bocciata. La domanda netta di prestiti resta peraltro sostanzialmente invariata rispetto a tre mesi prima. Il Fondo monetario sostiene che l’eurozona ha bisogno di «sforzi concertati» per affrontare il problema dei crediti deteriorati. Questi sforzi sono «vitali» per rafforzare i bilanci delle banche e migliorare la trasmissione della politica monetaria e la crescita del credito. «Regole più severe sui crediti deteriorati e miglioramenti delle procedure fallimentari fornirebbero alle banche un più forte incentivo ad accelerare la dismissione di questi prestiti», afferma l’Fmi. I crediti deteriorati e le banche deboli sono un handicap alla trasmissione della politica monetaria della Bce, secondo Thomas Helbling, un altro economista dell’Fmi. Il Fondo monetario prevede un miglioramento della situazione dei conti pubblici italiani. Il deficit dovrebbe scendere dal 3% del prodotto interno lordo del 2014 al 2,6% del 2015 all’1,7% del 2016. Le previsioni per quest’anno e il prossimo sono sostanzialmente in linea con quelle presentate dal Governo nei giorni scorsi nel Def. Il debito pubblico dovrebbe invertire la corsa quest’anno, in calo dal 133,8% del 2015 al 132,9 del 2016. Nel 2020 dovrebbe essere sceso al 122,4%. Il ritorno della crescita non sarà comunque sufficiente a imprimere un netto calo alla disoccupazione, che, secondo le previsioni dell’Fmi, passerà dal 12,8% dell’anno scorso al 12,6% di quest’anno al 12,3% del prossimo.