Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  aprile 15 Mercoledì calendario

«Dopo il divorzio mi sento rinata. Alagna era terribile, geloso di Kaufmann». Le confessioni di Angela Gheorghiu, signora della lirica. Adesso ha un nuovo compagno: «Sono innamorata e felice. Lui si chiama Mihai Ciortea, è romeno come me. Bello, simpatico e molto, molto giovane». Oggi è nei cinema in una celebre Tosca

Appassionata come Violetta, determinata come Tosca, imprevedibile come Mimì… La diva della lirica, la sola che ancora può dirsi tale, non smette di stupire. Eroina dell’opera, e anche della soap opera delle cronache rosa, Angela Gheorghiu festeggia insieme un matrimonio e un fidanzamento. Le sue nozze d’argento con la lirica, debutto il 7 settembre 1990, giorno del suo 25esimo compleanno con Bohème a Bucarest, e un amore nuovo di zecca. «Sono innamorata e felice. Lui si chiama Mihai Ciortea, è romeno come me. Bello, simpatico e molto, molto giovane». Ventidue anni meno di lei. Un giovanotto bruno, dall’aria romantica come un tenore, ma che di professione fa il dentista. Con l’attrazione fatale per il bel canto, quello di Angela.
«Mi seguiva dappertutto nei teatri – racconta il soprano —. Ci siamo conosciuti un paio d’anni fa al Covent Garden dopo La rondine di Puccini. Non ci siamo più lasciati». Che lei quest’anno compia 50 anni e lui 28, non le dà il minimo pensiero. «Ho imparato a vivere il presente. Da quando sto con Mihai ogni giorno è unico e bellissimo». I litigi e i tormenti vissuti con Roberto Alagna, il tenore sposato nel 1996 e da cui ha da poco divorziato, sono ferite ancora aperte. «Ci vorrà tempo per sciogliere tanto dolore… Ma intanto non mi par vero di avere qualcuno che mi ama senza pormi limiti. Che non patisce se ricevo più applausi di lui, che non fa scenate se ho a che fare con altri partner». Per esempio? «L’idea che cantassi Tosca con Kaufmann rendeva pazzo Roberto». Beh, si può capire… «No, la sua era gelosia patologica. Un senso del possesso feroce e vendicativo. È stata la pagina più nera della mia vita. Ma io non mi volto mai indietro». Unica eccezione, per i bei momenti. «Nella mia carriera sono stati tanti. Mi sono diplomata al Conservatorio di Bucarest nell’89, l’anno della caduta di Ceausescu. La nuova Romania apriva le porte, noi artisti potevamo uscire. Sono stata fortunata. Subito dopo il debutto in patria con Mimì c’è stata la Staatsoper di Vienna e poi il Covent Garden, Zerlina nel Don Giovanni. Sempre a Londra mi presentai a Georg Solti per un provino di Traviata e mentre cantavo lui si mise a piangere: «Quella ragazza è meravigliosa – disse —. Non posso trattenere le lacrime».
A renderle omaggio arriva un cofanetto, «Autograph» (per Warner Classics), otto cd che raccolgono i suoi più importanti ruoli teatrali, più un’ampia documentazione testuale e fotografica. E oggi in 80 sale verrà proiettata la «sua» Tosca del 2012, con Jonas Kaufman Cavaradossi e sir Anthony Pappano sul podio della Royal Opera House. «Puccini si addice molto alla mia voce, ma ogni titolo fa parte di una stagione della vita. Questo è l’anno di Charlotte nel Werther. E a giugno a Parigi sarò Adriana Lecouvreur. Un’opera che mi calza come un guanto».
Il 2016 saranno i 150 anni dalla nascita di Cilea e la prima di Adriana è stata a Milano. Titolo perfetto per un suo ritorno alla Scala. «Sarebbe bello ma servono gli ingredienti giusti. Se Pereira non proporrà cose troppo folli… Il grande problema della lirica oggi è la regia. Si vedono cose insensate e imbarazzanti. La gente le fischia ma i teatri insistono a proporle. Un po’ come certa musica contemporanea. Perché i compositori di oggi hanno paura della melodia? Delle emozioni?».
Alla fine, sostiene, il regista più moderno resta Zeffirelli. «Certi suoi allestimenti sono perfetti anche a mezzo secolo di distanza. Ma dove li trovi oggi registi simili, innamorati persi del teatro? Tra i pochi c’è David McVicar, la sua visione di Lecouvreur mi ha convinta».
Non fosse stato così? «Non l’avrei cantata». E non fa per dire, le sue cancellazioni se una produzione non le garba, sono ben note. «Io do il meglio e pretendo il meglio. Bisogna credere in se stessi, farsi valere. Dire quello che si pensa, nel bene e nel male. Io non ho mai mentito in vita mia. Era così anche Pavarotti, il più sincero e il più simpatico di tutti i tenori».
Una schiettezza che la fa passare per la «dark lady» della lirica. «Sono solo onesta. In un mondo sempre più ipocrita, un valore da coltivare. Lo ripeto anche a Ioana, la mia figlia adottiva, che ho cresciuto dopo la morte prematura di mia sorella Elena. Non ho avuto figli, ma sono madre lo stesso».