Il Sole 24 Ore, 14 aprile 2015
L’accelerazione impressa al cambiamento nel settore dei lavori pubblici dalla nomina di Delrio a ministro delle Infrastrutture ha avuto una rappresentazione quasi clamorosa nelle annunciate dimissioni di Pietro Ciucci. All’Anas dopo dieci anni il bisogno di rinnovamento si sentiva, nonostante la gestione Ciucci abbia portato anche risultati positivi
L’accelerazione impressa al cambiamento nel settore dei lavori pubblici dalla nomina di Graziano Delrio a ministro delle Infrastrutture ha avuto ieri una rappresentazione quasi clamorosa nelle annunciate dimissioni di Pietro Ciucci.
La posizione del manager di lungo corso delle Partecipazioni statali che dal 2006 era alla guida dell’Anas si era fatta difficile negli ultimi tempi per le polemiche sul suo pensionamento (e sul modo in cui era finita l’altra anomalia che gli era stata cucita addosso del doppio incarico di presidente e di direttore generale Anas), per le vicende della rampa del viadotto siciliano franato subito dopo l’inaugurazione (con apertura provvisoria assecondata dall’Anas evitando il collaudo formale), per le dimissioni dei due consiglieri che sedevano con Ciucci nel cda dell’Anas in rappresentanza dei ministri dell’Economia e delle Infrastrutture, per una valutazione di opportunità sui diversi collaudi che lo stesso Ciucci aveva svolto per il Mose. Eppure ieri è parso chiaro a tutti che a prevalere sulle singole questioni specifiche sono stati gli argomenti molto più convincenti sul piano politico che Delrio ha squadernato senza mezze parole a Ciucci, forte anche della totale condivisione con Matteo Renzi: discontinuità e rinnovamento. E all’Anas dopo dieci anni il bisogno di rinnovamento si sentiva, nonostante la gestione Ciucci abbia portato anche risultati positivi: la trasformazione in Spa e il conseguente pareggio di bilancio, una ripresa degli investimenti in manutenzione, il tentativo di costruire una missione coerente all’Anas come concessionario e soggetto fornitore di servizi allo Stato in vista di una possibile privatizzazione. Tentativo, per altro, ancora lontano dall’avere una quadratura solida e coerente.
Così come, nel fare un bilancio dell’azione di Ciucci, non si possono non sfatare alcuni luoghi comuni, a partire da quello della Salerno-Reggio Calabria, opera che manca ancora di finanziamenti per 3 miliardi per essere completata (ma ha senso spendere somme enormi per completare il tratto calabrese così poco trafficato?) ma che è stata in larga parte realizzata e offre oggi standard in linea con quelli nazionali ed europei e molto superiori a quelli del passato.
Eppure tutto questo è parso improvvisamente troppo vecchio per andare avanti dopo la nomina di Delrio. Ciucci era espressione di una stagione che volge al termine ora molto velocemente. E il ministro delle Infrastrutture ha fatto notare ieri che per far decollare la nuova pianificazione unitaria che partirà da settembre mettendo insieme piani stradali, ferroviari, autostradali, aeroportuali, portuali, c’è bisogno di uomini nuovi che sappiano interpretare la nuova stagione e che sappiano portare sintonia fra questi singoli spezzoni e il nuovo disegno unitario.
Legittimo, dunque, il rinnovamento voluto dal governo anche se ora viene il difficile perché la scelta degli uomini non potrà rispondere ancora ai criteri di fedeltà ma dovrà essere orientata alla competenza se non si vorrà, fra qualche mese, restar ancora fermi al palo. Mettere benzina in un motore che marcia nel segno della continuità può rafforzare la ripresa. Rafforzare la ripresa portando discontinuità è una sfida ben più difficile se alla guida non arriva qualcuno che sappia dove mettere le mani.