Corriere della Sera, 14 aprile 2015
Francesco condanna il genocidio armeno e i turchi se la prendono. Bozkir, il ministro degli esteri non le manda a dire: «Ci discrimina». Critiche anche dal Gran Muftì. Se per Gentiloni queste «paole sono ingiustificate», il sottosegretario Gozi fa sapere che «non spetta all’Italia prendere posizione»
Non accenna a placarsi l’ira della Turchia dopo le parole di domenica scorsa pronunciate da papa Francesco sul «genocidio degli armeni». Anzi.
Proprio ieri ci hanno pensato sia due ministri del governo di Ankara, sia il Gran Muftì (la più alta autorità religiosa islamica) ad elevare i toni contro il Vaticano.
Il nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha voluto rilevare come i toni usati dai turchi siano «ingiustificati», anche «tenendo conto del fatto che quindici anni fa era stato Giovanni Paolo II ad esprimersi in modo analogo». Ma da Ankara non hanno esitato ad usare mezzi termini.
Il ministro turco degli Affari europei, Volkan Bozkir, è stato molto diretto: «Papa Francesco è argentino, il Paese che accolse i nazisti, gli autori dell’Olocausto degli ebrei, ecco perché ha usato le parole “genocidio armeno”».
Non meno duri i toni usati dal ministro degli Esteri di Ankara Mevlut Cavusoglu contro il Pontefice: «Utilizzare il termine “genocidio armeno” rivela una posizione contraddittoria e discriminatoria». E con lui anche il presidente del Parlamento turco Cemil Cicek che ha accusato papa Francesco di «calunnie e discriminazioni».
«Il genocidio, infatti, è un concetto giuridico: le dichiarazioni del Papa rivelano una discriminazione dei musulmani e dei turchi di fronte ai cristiani», ha ribadito il ministro degli Esteri turco che ha difeso la versione ufficiale del suo Paese, che considera i massacri degli armeni nel 1915 la conseguenza di un conflitto dove morirono anche i musulmani.
Il nostro ministro Paolo Gentiloni ha cercato di smussare la forte polemica, ricordando che «sul riconoscimento giuridico del genocidio l’Italia ha sempre invitato i due Paesi amici, l’Armenia e la Turchia, a dialogare per evitare che questa situazione ostacoli un rasserenamento delle relazioni».
Ma ad inasprire le posizioni è stato anche Mehmet Gormez, il religioso Gran Muftì. Assolutamente in sintonia con la linea del governo, il Gran Muftì non ha esitato a criticare duramente le parole del Papa, sostenendo che le sue dichiarazioni sul genocidio sono «senza fondamento» e, di più, «ispirate da lobby politiche e ditte di relazioni pubbliche».
Non ha dubbi il Gran Muftì Gormez, che in un discorso pubblico ad Antiochia ha avvertito: «Bisogna stare attenti, perché se le società iniziano a interrogarsi sugli errori del passato, lo stesso Vaticano soffrirà più di chiunque altro».
Il governo italiano, tuttavia, si chiama fuori dall’entrare nel merito della polemica. E lo fa con le parole di Sandro Gozi, sottosegretario alla Presidenza del consiglio: «Non è opportuno che il governo italiano dia una verità di Stato, non è compito dei governi stabilire cosa sia successo cento anni fa, spetta agli storici».
Gozi ha rilevato che «il governo italiano con la Turchia sta affrontando i problemi di oggi: diritti umani, minoranze e democrazia. Ma capisco che le parole del Papa irritino Ankara, anche perché la lettura della storia crea sempre forti divisioni».