Corriere Economia, 13 aprile 2015
Borsa, chi sono i nuovi padroni? BlackRock e i megafondi. Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa Italiana: «Pronti alle fusioni con i big mondiali»
Fuori l’emiro di Dubai, dentro i megafondi occidentali. C’è il colosso BlackRock ora nell’azionariato del London Stock Exchange Group (Lseg), il listino londinese che controlla Borsa Italiana. Dopo che la Borsa di Dubai, il 26 marzo, ha annunciato la vendita della sua intera partecipazione del 17,4%, la società di gestione più grande del mondo con oltre 4 mila miliardi di dollari, ha oggi il 6,9% del gruppo che possiede Piazza Affari. È affiancato da altri due nuovi soci, altri due fondi: Invesco con il 6% (è azionista con il 5% anche di Rcs, la società editrice del Corriere della Sera ) e Veritas con il 3%. Primo azionista della City resta Qia, fondo sovrano del Qatar, con il 10%. BlackRock è secondo, il resto è del mercato e di altri fondi.
Le cariche al rinnovo
Di azionisti italiani, uscite da tempo le banche (Unicredit e Intesa nel 2012, Mps nel 2007), resta solo Emittenti titoli con circa l’1,5% (raduna i principali gruppi italiani non quotati). Nel consiglio d’amministrazione di Lseg, che l’assemblea del 29 aprile dovrà rivotare come ogni anno, gli italiani sono tre su 13: Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa Italiana e direttore di tutti i mercati del gruppo; Massimo Tononi, presidente di Borsa Italiana; e Andrea Munari, amministratore delegato del Credito fondiario. La riconferma di Jerusalmi, come quella dell’amministratore delegato di Lseg, Xavier Rolet, è qui data per scontata.
«Per quanto riguarda la crisi economica, il peggio è alle spalle – dice ora Jerusalmi – e questo favorisce le nuove quotazioni e gli investimenti sulle aziende quotate». Sono attesi in questi giorni, in Piazza Affari, anche i primi fondi comuni d’investimento di diritto italiano sul nuovo segmento dedicato: «Consolidiamo la leadership europea nel mercato degli Etf (i fondi che replicano gli indici, ndr )», dice l’amministratore delegato di Borsa Italiana. Oggi è previsto il debutto di Mondo Tv Suisse, 63ma società dell’Aim, listino delle piccole imprese, mentre si attendono a breve le grandi: Segafredo, Banca Sistema, Inwit (torri Telecom). E, naturalmente, le Poste: «Può essere la più grande matricola d’Europa. Ci contiamo, può fare la differenza sul bilancio complessivo del 2015».
BlackRock ha incrementato una quota del 4,9% che aveva già. E Dubai ha incassato una bella plusvalenza: fatti due conti, 480 e 600 milioni di sterline, come dire 670-830 milioni di euro. Nel 2007, quando entrò in Lseg (stesso anno in cui Londra acquisì Borsa Italiana), l’azione valeva 14 sterline. L’ha rivenduta a quasi il doppio, 22-24. Per 60 milioni 412.364 azioni, fanno 1,33-1,45 miliardi di sterline (1,83-2 miliardi di euro) contro circa 850 milioni sborsati.
Se la plusvalenza è il motivo dell’uscita di Dubai in cerca di liquidità, è la remunerazione attesa quello dell’ingresso di BlackRock, Invesco e Veritas. Il London Stock Exchange Group è un titolo in crescita. All’annuncio della vendita di Dubai ha perso il 6% in un giorno, ma si è subito riassestato (2,57 sterline il 9 aprile, come il 24 marzo). In un anno ha guadagnato il 36%. Per Jerusalmi il cambio di proprietario è un buon segnale: «Si passa da un gruppo dove c’erano due azionisti con quote significative, Dubai e Qatar, a una situazione da public company. Azionariato diffuso, più omogeneo. La maggioranza è dei fondi d’investimento. C’è allineamento d’interessi, con obiettivi più facili da raggiungere. Aumenta la contendibilità».
Il consolidamento
Significa che nel processo di consolidamento fra le Borse avrebbero un ruolo l’inglese e dunque l’italiana, che copre secondo fonti interne il 27-28% dei ricavi del gruppo (che ha chiuso il 2014 con 1,28 miliardi di sterline, +32%, con profitto operativo a 346 milioni, +5%).
Sono cinque i big nel mondo: Lseg, Deutsche Borse, Cme (Chigago), Nyse. Più Tokyo. «Siamo parte di un gruppo che è tra i cinque che hanno chance di diventare i leader mondiali», dice Jerusalmi, rivendicando il successo del matrimonio con Londra. «Dopo otto anni – dice – possiamo dire che fu una scelta giusta, vera fusione. I rapporti sono in continuo miglioramento, si lavora insieme. Un bilancio positivo, diversamente da Euronext che, rilevata dal Nyse, ha visto scendere gli addetti a Parigi da 1.200 a 200. Noi siamo cresciuti da 490 a 550 e la società è molto cambiata. Ora il 30% dei ricavi viene dagli Usa dopo l’acquisizione di Ftse, London Clearing House e Russell Investments».
Anche Londra sottolinea l’importanza di Piazza Affari, dalla quale ha replicato il progetto Elite, l’incubatore per piccole matricole: «Borsa Italiana è centrale nel business e nelle ambizioni del gruppo – dice Lseg –. L’Italia resta uno dei maggiori mercati europei di azioni, derivati, reddito fisso. E un ruolo essenziale è giocato dalle strutture di post trading Monte titoli e Cassa di compensazione e garanzia». Da gennaio 2014 al 9 aprile scorso Lseg ha avuto 169 matricole con circa 29 miliardi di euro raccolti, Piazza Affari 32 per 3,4 miliardi. Londra ne ha revocate 210, l’Italia 16.