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 2015  aprile 13 Lunedì calendario

Kristina Schake, la donna che dovrà reinventare Hillary. 45 anni, già guru di Michelle Obama (suo lo slogan “Muoviamoci!”), avrà il compito di rendere più umana la Clinton e di liberarla dagli stereotipi che l’accompagnano da decenni: dall’infedeltà del marito ai cachet da 200mila dollari a conferenza

Mission Impossible: rifare l’immagine di Hillary Clinton. Davvero, seriamente: come si può pensare che sia un’impresa umana? Ecco una donna di 67 anni, una solida professionista della politica. Calca la scena pubblica da più di un quarto di secolo: divenne First Lady nel 1992 a Washington, ma prima ancora lo era stata nell’Arkansas quando suo marito faceva il governatore. Dal 2001 al 2009 senatrice, rappresentante dello Stato di New York. Ha girato più di 100 Paesi al mondo come capa della diplomazia americana, alla guida del Dipartimento di Stato. Nel bene e nel male, gli americani sono convinti di conoscerla, fin troppo. Su una cosa surclassa tutti i potenziali rivali, a sinistra o a destra: è il livello di notorietà, appunto. Un antico proverbio francese dice – senza offesa! – ce n’est pas à un vieux singe que l’on apprend à faire des grimaces, a una scimmia di età avanzata non puoi insegnare delle smorfie nuove.
Ma l’America è una terra diversa dalla vecchia Europa: qui si usa ripartire a tutte le età. È questo l’incarico per il quale è stata assunta Kristina Schake. Reinventare Hillary. La Schake ufficialmente è stata reclutata con la qualifica di numero due della comunicazione, nella squadra imponente che cura la campagna elettorale della Clin- ton. A 45 anni la Schake ha già un curriculum di tutto rispetto. Nel settore privato ha curato fino a poche settimane fa le relazioni esterne di L’Oréal-Usa. Ben più lunga è la lista dei suoi incarichi nella comunicazione politica. È stata la portavoce di Maria Schriver, la giornalista del clan kennedyano che fu moglie di Arnold Schwarzenegger e First Lady della California. Proprio nella California di cui è originaria la Schake ha gestito una campagna per i matrimoni gay. L’incarico più importante della sua carriera è il penultimo: a fianco di Michelle Obama dal 2010, la Schake è stata la regista di alcune delle più brillanti operazioni su cui Michelle ha costruito la sua immagine. Per esempio Let’s Move!, “Muoviamoci!”, lo slogan della campagna per diffondere abitudini più sane tra i ragazzi e combattere l’obesità: dalle attività fisiche al salutismo alimentare. Michelle naturalmente non è una marionetta nelle mani degli strateghi politici, ha dimostrato forte personalità e acume politico. Il ruolo della Schake è stato prezioso nel curare lo stile, i dettagli: in quali grandi magazzini andare a fare la spesa per essere percepita come “una donna del ceto medio”, a quali show televisivi partecipare. Fino alle famose mosse del ballo di Michelle divenute virali su Internet.
Ma ora il lavoro fatto con Michelle sembra un gioco da bambini, se paragonato all’incarico appena avviato per Hillary. L’attuale First Lady, prima che Obama vincesse l’elezione del 2008, era una sconosciuta per l’opinione pubblica. Plasmare la sua immagine non comportava l’arduo compito di lottare contro una “versione precedente” della sua fisionomia pubblica. Proprio di questo ha bisogno Hillary, invece: liberarsi di alcuni stereotipi che l’accompagnano da decenni. A volte, gli stessi che la storia ha incollato addosso al marito. E il guaio è che dietro i pregiudizi spesso c’è una dose di verità. Il calvario che Hillary dovette subire all’epoca di Monica Lewinsky, per una parte degli americani fu una prova di coraggio e resilienza. Molti altri ci videro invece l’ambizione smisurata di una donna disposta a subire tutto – il marito infedele, la vergogna pubblica – pur di continuare la scalata al potere. Tutto ciò che per alcuni la rende affidabile – la lunga esperienza, la conoscenza dei dossier – per altri è il marchio della sua appartenenza all’establishment. La sua Fondazione filantropica? I media ne parlano soprattutto come di una formidabile macchina di raccolta fondi, relazioni pubbliche, alleanze coi potenti di Wall Street o coi leader stranieri. E naturalmente c’è la questione degli onorari da 200mila dollari che riceve per le sue conferenze. Compensi che la collocano in una élite di privilegiati, ben al di sopra dell’1%, e dunque creano un divario rispetto all’elettore medio. Il primo compito della Schake è questo: riportare la Clinton con i piedi sul pianeta terra, farne un personaggio più vicino, valorizzarne il lato umano, farle riscoprire una spontaneità ormai sepolta sotto strati di protezioni costruite nella carriera pubblica.