La Stampa, 10 aprile 2015
Marine Le Pen non fa nessun passo indietro e conferma che il padre non sarà nelle liste del Front National alle regionali del prossimo dicembre, anzi alza il tiro e dichiara ufficialmente: «Sarebbe preferibile che Jean-Marie presentasse le dimissioni dal partito»
Commossa ma decisa, Marine Le Pen ha fatto la sua seduta di psicoanalisi familiare e politica ieri sera, in prime time, al telegionale di «Tf1», la «messa» informativa del francese medio. Ebbene, continua la saga Le Pen contro Le Pen. Jean-Marie, il patriarca, fondatore del Front National, non sarà (Marine dixit) il capolista alle elezioni regionali del prossimo dicembre nella regione Paca (Provenza-Alpi-Costa Azzurra), come invece era previsto. E dove il partito di estrema destra ha buone chance di vincere. Non solo: la figlia, che è presidente dell’Fn, ha chiesto che il padre passi davanti all’ufficio politico del Front «nel quadro di una procedura disciplinare».
Il «processo»
Insomma, l’anziano leader (86 anni), presidente onorario della formazione politica, potrebbe perdere la sua carica ed essere spinto verso l’uscita in vari modi. A tal punto che Marine, in diretta tv, ha detto: «Spero abbia la saggezza necessaria per ritirarsi dalle sue responsabilità politiche». Tutto questo putiferio è scoppiato dopo l’intervista a «Rivarol», pubblicazione di estrema destra, costantemente provocatoria («una cartaccia ignobile», l’ha definita ieri sera la Le Pen), dove Jean-Marie ha risposto a ruota libera. Ne è venuta fuori una sorta del «meglio» del pensiero lepenista originario e reazionario, fatto di razzismo, antisemitismo, omofobia, rigetto della democrazia e nostalgia del «petainismo», dal nome del maresciallo Pétain, il capo della Francia collaborazionista.
La rabbia della figlia
Marine Le Pen, che aveva spesso preso le distanze dal padre, con malcelato imbarazzo, questa volta ha detto basta. E ha dato il via a una rivolta di tutto l’Fn. Ieri mattina Florian Philippot, uno dei dirigenti a lei più vicina, ha detto: «Sarebbe preferibile che Jean-Marie presentasse le dimissioni dal partito». Inferocito anche Louis Aliot, compagno nella vita di Marine e disprezzato dal patriarca. Jean-Marie ha definito la sua esclusione dall’Fn «una decisione completamente folle»: significherebbe «l’implosione del partito». Ma ormai pure i fedelissimi del vecchio Le Pen stanno prendendo le distanze. «È una storia che mi tocca personalmente – ha detto il senatore Stéphane Ravier -. Jean-Marie è l’uomo che mi ha dato la voglia di fare politica. Dal 1990 al 2011 ho militato al suo fianco. Oggi non lo capisco più. Non esiste alcuna logica politica nel suo atteggiamento. E la fedeltà non deve condurre al suicidio collettivo».
Le malelingue a Parigi suggeriscono che tutta questa vicenda, all’apparenza melanconica, anche dal punto di vista personale, si stia trasformando in un’operazione vantaggiosa per la Le Pen, che può così andare fino in fondo sulla strada della «dédiabolisation», lo sdoganamento del Fn. «Tutto questo è doloroso per me come figlia. Ma non è niente rispetto a quello che vivono tanti francesi che cercano disperatamente un lavoro e che non possono portare i loro figli in vacanza», ha detto, fissando la telecamera. Con lo sguardo da vittima. Dall’intervista televisiva, però, ne è uscita solo vincitrice.