Corriere della Sera, 10 aprile 2015
Negli Stati Uniti la criminalità è in calo, ma resta il Paese con più carcerati al mondo. Con due milioni e 230mila detenuti, gli Usa battono Cina e India non solo per prigionieri in rapporto alla popolazione, ma anche in numero assoluto
A New York e nel New Jersey dal 2000 a oggi le condanne a pene detentive sono calate del 26%, mentre in California dal 2007 il numero dei detenuti nelle carceri statali è sceso da 174 a 149 mila. Primi, piccoli segni di un’inversione di tendenza in un Paese, gli Stati Uniti, che ha pagato il calo a volte spettacolare delle attività criminali (328 gli omicidi a New York l’anno scorso, 2.245 nel 1990) con quello che il musicista John Legend, lo scorso febbraio, ha definito: «Il Paese con più carcerati al mondo, con più neri dietro le sbarre rispetto al 1850, nell’era degli schiavi». Vero? Falso? Sostanzialmente vero: con due milioni e 230 mila detenuti, gli Stati Uniti battono Paesi come Cina e India non solo per prigionieri in rapporto alla popolazione, ma anche in numero assoluto. Numeri impressionanti: del resto già da anni un rapporto dell’Accademia delle Scienze Usa ha certificato che il tasso di detenzioni degli Usa è dieci volte quello delle principali democrazie europee.
Due domande: il calo dei crimini in America è il risultato della politica di incarcerazioni a tappeto e, a lungo, anche per reati non violenti come lo spaccio di droga adottata mezzo secolo fa? La predominanza di neri nella popolazione carceraria (1,68 milioni di afroamericani su 2,23 milioni) dipende da fattori oggettivi o è il frutto di discriminazione come denunciato nelle numerose manifestazioni dei mesi scorsi, da Ferguson a New York, passando per le celebrazioni del cinquantenario di Sema?
Le risposte, in sintesi, sono che sorvegliare soprattutto le zone nere è giustificato dal fatto che è qui che vengono commessi gran parte dei reati, anche gli omicidi.
Ma le incarcerazioni danneggiano le possibilità di recupero della comunità nera dove a delinquere sono soprattutto i figli di famiglie nelle quali almeno un coniuge se ne è andato: volontariamente o perché in un penitenziario. È ora di cambiare depenalizzando o riducendo le pene per i reati minori, ha proposto al Congresso il ministro della Giustizia uscente Eric Holder. Porte chiuse dei repubblicani, per ora, ma le cose cambieranno anche perché studi recenti secondo i quali il calo dei reati dipende solo in minima parte dalla maggiore severità delle pene, stanno convincendo alcune delle lobby conservatrici più potenti, da quella dei fratelli Koch, padroni dell’omonimo impero industriale, al movimento antitasse: la pressione sul contribuente si riduce e il perimetro dello Stato si limita anche svuotando le carceri.