il Fatto Quotidiano, 10 aprile 2015
Di notte l’ingresso dell’ex sala mortuaria del Forlanini di Roma si trasforma in una zona a luci rosse. Il ventre dell’ospedale inaugurato nel 1934 è il rifugio di tossici, spacciatori, senza tetto e soprattutto prostitute. Che, a quanto pare, usano come alcove proprio le ex camere mortuarie
Di notte l’ingresso dell’ex sala mortuaria del Forlanini di Roma, per adesso, è l’unico quartiere a luci rosse della Capitale. Il ventre dell’ospedale inaugurato nel 1934, che fu un’eccellenza nazionale per la cura della tubercolosi – è il rifugio di tossici, spacciatori, senza tetto e soprattutto prostitute. Che, a quanto pare, usano come alcove proprio le ex camere mortuarie.
L’edificio è infatti una zona franca: dal 2008 è cominciata una faticosa dismissione dell’edificio, il personale e i macchinari sono stati trasferiti al vicino San Camillo e dal primo gennaio il complesso è rientrato nel patrimonio disponibile della Regione Lazio che deve deciderne in fretta la destinazione d’uso. L’architetto Augusta Lupinacci chiede l’intervento del ministro Franceschini, mente Giuseppina Granito, portavoce della Onlus “Forlanini Domani” accusa: “La situazione è grave ma non è seria. Qui il presidente Zingaretti non si è mai visto”.
E pensare che, entrando nel complesso dell’ex Ospedale, sembra di aprire il baule di un tesoro: 280 mila metri quadrati, circondati da 15 ettari di parco con piante esotiche, comprensivi di due chiese, due teatri, un cinema, Aula Magna, gallerie sotterranee con stalattiti e un lago. Inoltre, dal 1941 c’è il Museo Anatomico, dove sono passati i più grandi scienziati del mondo: “Non si può spostare perché le teche con i reperti sotto formalina sono così fragili che esploderebbero in un attimo. Questo posto è stato costruito per i non arricchiti e la sua destinazione deve rimanere tale. Abbiamo una grande nave, non lasceremo che affondi”. È l’appello accorato del professor Luigi Monaco, 82 anni, primario emerito del Forlanini che durante la Seconda guerra mondiale ha dato ricovero agli ebrei e per sottrarli ai tedeschi falsificava i cognomi sulle cartelle cliniche. “Qui ci scappa il morto. Una collega è stata aggredita con un coltello”. È una delle preoccupazioni del dottor Mango, presidente di “Forlanini Domani”.
Lavora ancora nell’ala in attesa di trasferimento e ci fa strada lungo l’altro lato dell’edificio – costruito a ferro di cavallo – tra vetri rotti, escrementi e rifiuti. L’atmosfera è macabra, come trovarsi nella pancia di un galeone affondato che gli ultimi e i disperati hanno ripopolato. È così che l’intero piano sopra il laboratorio di microbiologia è diventata la casa di Slatan, che vive qui da cinque anni; nella stanza vicina c’è una coppia di napoletani, più in là, dove il pavimento è allagato e gli escrementi invadono il corridoio, un’altra coppia. Vicino ai materassi stesi a terra, circondati dagli avanzi di un pasto ormai preda degli insetti, troviamo anche due copie del Corano.
Per riprendere fiato – l’odore acre dell’immondizia e la muffa sulle pareti rendono l’aria irrespirabile – Lucio Mango ci conduce al piano terra, sul retro dell’edificio che si affaccia sul parco, dal lato dove un tempo i malati di tubercolosi venivano portarti dagli infermieri a respirare l’aria buona del mare. Ecco, è qui l’ingresso dell’ex sala mortuaria: ed è qui che le prostitute portano i clienti. Il dottor Mango assicura che per accaparrarsi un lettino d’acciaio portasalme è necessario pagare almeno 10 euro a prestazione: sulla porta c’è un lucchetto, ogni notte qualcuno lo apre e inizia il via vai. Intanto si rincorrono voci autorevoli, seppur non confermate, secondo cui il Forlanini sarebbe già stato svenduto dalla Regione a un fondo immobiliare arabo o cinese.