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 2015  aprile 10 Venerdì calendario

«La mia famiglia non è la Rai». La presidente Anna Maria Tarantola si racconta: «Potendo conciliare vita privata e professione, sono andata avanti. Il principale alleato è mio marito». Dice di non essere una fanatica dello shopping, di tenere alla cura dei capelli, di amare la buona cucina, e che vorrebbe essere ricordata come la donna che ha reso il servizio pubblico più internazionale

Anna Maria Tarantola e il senso di responsabilità. Poi, l’equilibrio, il rispetto. Ma prima di tutto c’è la famiglia. Parole che la presidente della Rai pronuncia più volte, durante l’incontro nella sede milanese di corso Sempione. Da poco è diventata nonna per la terza volta («è maschio, dopo due nipotine») e la notizia giunge a proposito per aprire la conversazione con un argomento che le sta a cuore. «Le assicuro – dice – che mai avrei sacrificato la famiglia in favore della professione e della carriera. Potendo conciliare l’una e le altre, sono andata avanti. Il principale alleato è mio marito. Siamo insieme da quarant’anni. Tra noi due, lui, commercialista (ora in pensione), agli inizi era il più in luce. In seguito, le parti si sono invertite, senza contraccolpi, in modo naturale. Lui è stato molto presente e comprensivo. Gliene sono grata». Aggiunge, con soddisfazione: «Le due figlie stanno seguendo la mia strada, ne vado molto fiera». Settant’anni, nata a Casalpusterlengo (Lodi), economista di formazione (laurea all’Università Cattolica), dal 2012 alla presidenza della Rai, la signora Tarantola proviene dalla Banca d’Italia dove ricopriva l’incarico di vicedirettore generale. Donna di potere? «Il potere, se così vogliamo chiamarlo – afferma – per me significa responsabilità. Tanto più se si è ai vertici di istituzioni pubbliche. E questo è il mio caso». «In Rai mi hanno anche preso un po’ in giro – continua – poiché ho passato i primi tempi a studiare». Secchiona? «Impegnata. Se non si conosce non si può operare». Il suo nome era circolato fra le candidature femminili alla presidenza della Repubblica. Lusingata? Accenna a un sorriso.
La lunghezza dei capelli
Mentre parla, seduta alla scrivania, non possiamo fare a meno di osservarla nei dettagli, per così dire «esteriori»: eleganza senza tempo (la giacca del tailleur double face sui toni del bordeaux), parure di perle, occhiali con montatura classica, trucco leggero. E poi c’è la messimpiega inconfondibile di una chioma bionda appena colorata («ero già chiara, al naturale»), non un capello fuori posto. Avendo saputo che la madre di Anna Maria Tarantola faceva la parrucchiera, azzardiamo: «Di che piega è? Bigodini o fohn?». «Fohn». Le è mai venuta voglia di cambiare, osando un’acconciatura più sbarazzina? Risposta, a sorpresa: «Fino a una decina d’anni fa avevo i capelli lunghi. Cambiavo spesso. Crocchia, coda di cavallo. Su e giù. Poi, con l’avanzare dell’età, ho pensato bene di dare un bel taglio e di trovare una pettinatura adatta a me e al mio stile». Abbigliamento: non è fissata con le griffe e gli stilisti, anche se qualche capo firmato nel guardaroba della presidente c’è. «Faccio acquisti veloci, non sono una fanatica dello shopping» spiega. Invece, ama la buona cucina e si considera una brava cuoca. Il tema è d’attualità: cibo, chef, show cooking. Rilanciati in tv, a ogni ora del giorno e della notte. Commenta, con un filo di ironia: «È vero, i programmi gastronomici imperversano e tirano. Ci vorrebbe un po’ più di equilibrio». Per quel che la riguarda, non è attratta dalla cucina contemporanea/innovativa. Preferisce i piatti lombardi di tradizione: risotto, ossobuco in gremolada e la sua specialità assoluta: «Il rostin negàa» (nodini di vitello annegati). Vacanze stanziali (Liguria e Oltrepò Pavese) e nel tempo libero molti libri letti (saggi e romanzi), soprattutto durante i viaggi in treno, pendolare tra Roma e Milano. «La domenica sfoglio la “Lettura” del Corriere della Sera e, consultando recensioni e classifiche, spesso traggo spunti per le mie scelte» confida.
Al primo posto
Se la famiglia è la priorità, Anna Maria Tarantola, manager di consolidata carriera, è anche convinta assertrice del ruolo fondamentale delle donne nella società. Considerando l’anagrafe, la presidente della Rai si colloca nella generazione del femminismo storico, eppure non vuole essere defin ita femminista. Forse per sfuggire ad alcune battaglie d’impronta decisamente laica che lei, cattolica praticante («nel rispetto delle scelte e delle libertà altrui»), non condivide. «Le donne, pur avendo compiuto molti passi avanti, sono ben lontane dalla parità, soprattutto nel lavoro – dice —. In Italia, il tasso di occupazione femminile, circa 20 punti sotto quello maschile, si attesta sul 46%, a fronte del 60, sancito a Lisbona». Il riferimento è a un Consiglio straordinario degli Stati membri dell’Unione Europea, tenutosi a Lisbona nel 2000, che fissava, tra gli altri obiettivi, il 60% di occupazione femminile da raggiungere nell’arco di un decennio. Tarantola considera le quote per le donne una «necessaria forzatura», uno strumento temporaneo. «Non basta, però, che le donne entrino nei consigli di amministrazione. Quel che conta è il loro ruolo», riflette. Quindi, precisa: «Parità non significa uguaglianza tout court. Le donne sono differenti dagli uomini e la diversità è un valore».
Ottimista razionale
Anna Maria Tarantola, al vertice della Rai. «Il rispetto impronta ogni mio atto, consapevole del ruolo che ricopro – dice —. Poiché la Rai è servizio pubblico, come tale deve fare cultura e trasmettere agli utenti alcuni contenuti. Alludo, per esempio, al modello positivo di uomini e donne. Che va ritrovato nelle trame delle fiction, nei comportamenti e nel look di conduttori e conduttrici». Non le sembra di essere un po’ moralista? «No, la tv pubblica ha degli obblighi. C’è spazio per altro nelle tv commerciali». Si considera una donna social? Facebook, Twitter eccetera. «Non amo le piazze virtuali, sono una persona riservata». Allora, non apprezzerà il twittare del nostro premier... Glissa: «Oggi esistono strumenti nuovi di comunicazione. Chi lo ritiene opportuno, li usa». Ottimista o pessimista? «Ottimista razionale».
Quando si chiuderà il suo mandato Rai, come vorrebbe essere ricordata? «Come un presidente che ha cercato di orientare l’operatività e la linea editoriale dell’azienda al servizio del cittadino, puntando sulla qualità del prodotto. Un presidente che ha cercato di rendere la Rai più internazionale».