Il Sole 24 Ore, 10 aprile 2015
Le banche d’affari si mettono in fila per l’Ipo della «Grande Fideuram». Corsa al mandato per l’eventuale quotazione dopo l’aggregazione con Intesa Private Banking, ma il progetto non è ancora stato deciso dal cdg
Complice il momento d’oro dell’industria del risparmio (insieme alle masse e alla redditività in crescita), potrebbe essere la terza banca italiana per capitalizzazione di Borsa, ben oltre i 10 miliardi di euro. Basta questo dato a spiegare l’interesse crescente delle banche d’affari per il dossier Fideuram, la grande società del risparmio gestito di Intesa Sanpaolo. Che presto diventerà la grande Fideuram, visto il progetto – in corso – di assorbimento di Intesa Private banking, con cui andrà a comporre un solo grande gruppo dedicato al risparmio e al private banking. Morale: secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, negli ultimi giorni si sarebbero fatti avanti diversi potenziali advisor, da Ubs – considerata, nel caso, potenziale global coordinator di un’eventuale Ipo – fino a Goldman Sachs, Merrill Lynch e Morgan Stanley, anche se l’elenco dei banchieri d’affari che si sono presentati al top management di capogruppo e controllata sarebbe più lungo. Colloqui informali, per ora, e nessun mandato sarebbe ancora stato firmato; secondo quanto risulta al Sole, infatti, per ora la banca non sta considerando in alcun modo l’operazione: ciò non toglie, però, che l’appetito – e le proposte – dei banchieri d’affari si stiano moltiplicando.
D’altronde il progetto d’integrazione tra Fideuram e il private di Intesa è uno dei fiori all’occhiello del piano industriale del ceo Carlo Messina, che sul business commissionale ha basato buona parte della redditività futura del gruppo. La Borsa, in tutto questo, potrebbe essere un approdo sensato, in molti lo considerano probabile e lo stesso Messina, proprio a Il Sole 24 Ore, a inizio febbraio aveva dichiarato che se Ipo deve essere andrebbe fatta entro la fine del 2015. Per cavalcare appieno l’onda del risparmio gestito e cogliere eventuali opportunità di acquisizione attraverso uno scambio carta contro carta. Peccato che in giro per l’Europa non si sia ancora trovato quel che si cerca; di qui il dubbio: quotare lo stesso Fideuram, incassando capitale (di cui peraltro al momento il gruppo abbonda) ma rinunciando a parte dei dividendi futuri oppure lasciare tutto nel cassetto? Il nodo non è ancora stato sciolto, e il dibattito è in corso. Nel consiglio di gestione della capogruppo non si sono prese decisioni, e neanche in quello della controllata se ne sarebbe fatto cenno: già dai tempi della tentata quotazione del 2010 la società è pronta per la Borsa (con tutte le funzioni richieste per lo standing alone, dalla compliance al controllo rischi) e per ora ci si starebbe concentrando sull’assorbimento del private, a cui il cda – nella seduta del 17 marzo scorso – ha delegato il ceo Matteo Colafrancesco.
Un’operazione complessa, che in prospettiva porterà alla nascita di un gigante da 200 miliardi di masse gestite e alla nascita di un nuovo modello di business, a base di risparmio e promotori e di private banking (con rete tradizionale). Intanto, da sola, Banca Fideuram ha chiuso il 2014 con una raccolta netta di 2,5 miliardi, in linea (+1,9%) con lo scorso anno, con la componente di risparmio gestito pari a 3,8 miliardi di euro, che ha portato le masse amministrate dal gruppo a 90,2 miliardi di euro.